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E se il nostro miglior alleato fosse la Francia?

Una tregua con Macron darebbe respiro sull'immigrazione e alla nostra industria

E se il nostro miglior alleato fosse la Francia?

La letterina della Commissione Ue che c'invita al «mea culpa» sul debito è per strada. Prima di batter i pugni sul tavolo faremmo meglio a chiederci, però, se non sia il caso di cambiare tattiche e strategie. Magari cercando una riconciliazione con quella Francia che appare oggi la più ostile e perniciosa degli avversari, ma può - complice la debolezza di Emmanuel Macron - trasformarsi da nemica in alleata. Per capirlo basta guardare a quanto succede in Europa. Malgrado il trattato d'Acquisgrana l'asse Parigi Berlino è più pericolante che mai. Fin qui Angela Merkel ha respinto tutte le proposte di Macron per una riforma dell'Unione a partire da quella sul bilancio comune. Così anche Parigi dovrà, tra breve, giustificarsi con la Commissione. La cancellazione della tassa sul carburante e gli aumenti salariali - annunciati per placare la protesta dei gilet gialli - promettono di costare a Parigi dai dieci ai quattordici miliardi di euro e di far schizzare il rapporto deficit/Pil della Francia dal 2,8 al 3,4 per cento. In tema di «fiscal compact« l'Eliseo ha dunque tutto l'interesse a stare con l'Italia piuttosto che con Berlino.

Su questo fronte il primo pretesto per un riavvicinamento potrebbe essere un aiutino per far cadere la nomina a Presidente della Commissione del tedesco Manfred Weber - che su bilancio e disavanzi può regalarci ben poco - e favorire, invece, quella - cara a Macron - del francese Michel Barnier. È vero, dare una mano a Macron può rivelarsi più pericoloso che accarezzare un serpente a sonagli, ma a far la differenza contribuisce oggi la debolezza dell'Eliseo. Sul fronte europeo ha perso con la Germania, su quello interno con Marine Le Pen, su quello internazionale ha rimediato una pessima figura appoggiando l'offensiva senza né capo né coda dell'alleato Haftar contro il governo di Tripoli. In questo contesto vale dunque la pena provarci. Anche perché persino in Libia, dove siamo a un passo dalla guerra per interposti alleati, gli interessi reciproci suggerirebbero più un'intesa che uno scontro. I pozzi di petrolio della Total sono tutti in Cirenaica, quelli dell'Eni, gas compreso, tutti in Tripolitania. Dunque sia la Total sia l'Eni avrebbero tutto da guadagnare da una soluzione libica concordata a un tavolo comune da Francia e Italia.

E le dispute sui migranti, nel nome delle quali la frontiera tra Mentone e Bardonecchia è stata trasformata in una nuova prima linea, non sono meno incongruenti. Buona parte dei clandestini arrivati in Francia dal 2014 a oggi son prima passati da un porto italiano. Anziché mandare i gendarmi all'assalto di Bardonecchia nel tentativo di respingere i migranti uno a uno, Parigi avrebbe tutto l'interesse a concordare con l'Italia una missione di difesa comune per arginare i flussi migratori già alle frontiere meridionali della Libia, e bloccare così anche le transumanze di terroristi e i traffici di armi e droga. Un'iniziativa di difesa comune che, se estesa dalle coste del Mediterraneo a tutto il Sahel garantirebbe vantaggi nella lotta al terrorismo, maggiore sicurezza e reciproci benefici economici a tutte le aziende di Roma e Parigi presenti in quelle non facili zone del Nord Africa.

Ma una tregua con i parenti-serpenti d'Oltralpe garantirebbe prezioso ossigeno anche all'industria della difesa italiana e in particolare al gruppo Leonardo-Finmeccanica. Il primo caduto dello scontro con Parigi è stato l'accordo per l'acquisto dei cantieri di Saint Nazaire da parte di Fincantieri. Un accordo bloccato nel gennaio 2019 dalla Commissione Ue grazie a una pretestuosa interpretazione delle regole sulla concorrenza sollecitato da una Germania schieratasi con Parigi. Ma un riavvicinamento è essenziale anche per sbloccare quel vasto mercato europeo del settore difesa dove l'alleanza Parigi-Berlino isola il nostro Paese e impedisce la partecipazione del gruppo Leonardo-Finmeccanica a tutti i progetti comuni a incominciare da quello sul carro armato europeo per finire, in prospettiva, a quello sui nuovi progetti di caccia.

Ecco perché l'inutile e dannoso nemico francese può e deve trasformarsi, a breve, nel più utile degli alleati.

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