Politica

Ecco i soldi ai bordelli gay (e la faida tra club omosex)

Le false associazioni "socio-culturali" si fanno guerra per aggiudicarsi finanziamenti e appoggi politici

Ecco i soldi ai bordelli gay (e la faida tra club omosex)

Una guerra fratricida all'interno delle stesse associazioni gay. Una faida per accaparrasi la fetta maggiore della torta dei fondi riservati alle sigle «anti-omofobia». E affermare la propria leadeship politica all'interno della galassia di comitati e sottocomitati che, teoricamente, dovrebbe «combatte ogni forma di sessuafobia». È questa la «pista» da seguire per capire chi e cosa c'è dietro il servizio choc delle «Iene» che ha svelato come, al di là della facciata di un club «socio culturale», si nascondesse un privè con attività di prostituzione maschile. Nulla di particolarmente grave se non fosse che quel locale risulta affiliato all'Anddos (Associazione nazionale contro le discriminazioni da orientamento sessuale) per la quale sono stati stanziati 55 mila euro di fondi pubblici (ma ora il bando è stato sospeso). All'Anddos era iscritto anche Francesco Spano l'ormai ex direttore dell'Unar, l'ente governativo che avrebbe dato il placet alla somma destinata all'Anddos. Dopo il servizio delle «Iene», Spano si è dovuto dimettere dalla guida dell'Unione anti discriminazioni razziali (l'Unar, appunto), che fa capo al dipartimento Pari opportunità della presidenza del Consiglio. All'indomani dello scoop delle «Iene» i vertici dell'Anddos hanno avvalorato la tesi della «vendetta trasversale» con un comunicato ufficiale che contempla una frase sibillina: «A seguito di una indagine interna, riteniamo di avere sufficienti elementi per affermare quale associazione si sia resa responsabile di una tale macchinazione (vale a dire il servizio delle «Iene» ndr)».

Un'accusa nemmeno tanto velata alle sigle «concorrenti» che negli ultimi anni si sono viste penalizzate dall'aumentato «peso» economico e politico dell'Anddos. All'ingresso di molti club privè appare ancora il vecchio avviso: «Ingresso riservato solo ai tesserati Arci». Ma, in realtà, la tessera che viene compilata all'interno dei circoli è quella dell'Anddos che, da sigla gemellata con l'Arcigay, si è nel tempo resa autonoma «rubando», per così dire, una consistente fetta di «mercato» alle sigle tradizionalmente egemoni in questo settore. Di qui invidie e colpi bassi. Ed è tra queste trame velenose che va letta probabilmente anche la soffiata che ha portato l'inviato delle «Iene» all'interno del club dello scandalo. A quel punto risalire alle responsabilità del direttore dell'Unar è stato un gioco da ragazzi. Francesco Spano, del resto, con quel suo cappottino rosso e l'aria spaurita di chi è stato colto con le mani nella marmellata, si prestava perfettamente al ruolo di capro espiatorio. Lui stesso ci ha messo del suo: prima cercando di fuggire, poi raccontando un po' di bugie. La sua testa è saltata ma la vera testa da far saltare sarebbe quella che ha concepito l'Unar come una sorta di slot machine per tenersi buoni bacini di utenza elettorale, distribuendo a pioggia un bel po' di soldi; e si sa che quando devi coltivare questo o quell'orticello privato, non puoi andare troppo per l sottile con l'innaffiatoio dei fondi pubblici. E così capita di «bagnare» anche associazioni che si spacciano per «socio culturali» ma che in realtà propugnano ideali semplicemente «socio sessuali». Nulla da eccepire, a patto però che non venga fatto coi soldi del contribuente e truffando il fisco su tutta una serie di attività (a partire dalla vendita di alcolici e cibo per finire alla gestione di viaggi e merchandising vario). Una costante - questa del business esentasse ai danni dell'erario - permessa da varie gabole legislative che parificano i circoli «socio bordellari». Categoria da cui l'Anddos si dissocia: «Abbiamo presentato all'Unar un progetto finalizzato a sostenere e potenziare i Centri ascolto e antiviolenza (Caa) che forniscono assistenza psicologica, medica e legale gratuita a chi è vittima di discriminazioni o necessita di ascolto e informazioni sui temi della sessualità e della salute». E poi: «Siamo stati ritenuti idonei al finanziamento a fronte di un bando con regole e procedure precise e di un progetto presentato in partenariato con La Sapienza Università di Roma».

Peccato che l'Università La Sapienza si sia affrettata a smentire «qualsiasi coinvolgimento».

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