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Ecco l'arsenale preparato da Roma: razzi e mitra sequestrati agli ucraini

Il governo invierà ai peshmerga il materiale sovietico sottratto ai trafficanti nel '94 in Adriatico

Dopo il via libera del Parlamento all'invio di armi ai Peshmerga, si prepara a ripartire per un teatro di guerra l'arsenale sequestrato oltre 20 anni fa nel canale d'Otranto. Oltre a forniture di armi leggere dismesse dall'esercito italiano come le Mg-42, il ministero della Difesa ha dunque deciso come impiegare il ricco carico - duemila tonnellate in 133 container - che in piena guerra nei Balcani, a settembre del 1994, fu trovato a bordo della Jadran Express, un cargo maltese partito dall'Ucraina e diretto a Rijeka, in Croazia, ma intercettato e costretto ad ancorare nel porto di Taranto. Il tutto permetterà all'Italia di rifornire i Peshmerga utilizzando solo armi desuete o frutto del sequestro, senza spendere un euro, al netto ovviamente dei costi di trasporto dell'arsenale.

Rimasto per cinque anni in un magazzino della città pugliese, quel carico d'armi intercettato con un'azione congiunta dell'intelligence inglese, italiana e ucraina perché violava l'embargo Onu, tra sequestri della magistratura e ordinanze che ne chiedevano la distruzione, è poi finito nel deposito di Guardia del Moro, nell'isola di Santo Stefano. Qui, in buona parte almeno, dovrebbe essere tuttora conservato. Si tratta di decine di migliaia di casse quasi tutte piene di materiale di fabbricazione sovietica, e il dettaglio non è di poco conto, visto che si tratta di armi con le quali i soldati curdi che stanno opponendosi all'avanzata dello «Stato islamico» in Siria e Irak hanno già una buona familiarità.

Al momento del sequestro, vent'anni fa, il carico contava, oltre a milioni di munizioni di vario calibro (7.62, 12.7 e 11.5 mm) e a un migliaio di mine anticarro, 30mila fucili d'assalto Ak-47 con baionetta, lanciarazzi Rpg 7/9 con 10.008 munizioni anticarro, 400 missili anticarro AT-4 Spigot con 50 postazioni di tiro, 5.061 proiettili per lanciarazzi multipli BM-21 con una gittata da cinque a 20 chilometri. Non solo armi leggere, dunque, ma anche un arsenale adatto a contrastare l'avanzata dei mezzi corazzati che gli uomini del Isis hanno sottratto all'esercito iracheno. Ed è proprio nel vecchio carico della nave maltese che si trovano le «armi di squadra e contro-mezzi» che l'Italia ha deciso di spedire nel Kurdistan autonomo, oltre ai «famosi Kalashnikov», per dirla con la Pinotti, il cui invio, probabile, si starebbe ancora «valutando». Quanto all'età degli armamenti, non certo giovanissimi, il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha assicurato che sono tutte, anche quelle dismesse dalle nostre forze armate, «efficienti e sottoposte a trattamenti di conservazione nel tempo». Negli ultimi giorni, gli esperti della Difesa hanno già effettuato verifiche a campione sulle armi per essere certi che siano pronte all'uso.

Già nel 2011 una parte del carico - portato a Civitavecchia su normali traghetti - sarebbe stato fornito ai ribelli in Libia.

E ora le armi «sottratte» al conflitto nei Balcani torneranno a sparare nel Kurdistan iracheno.

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