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Ecco l'ultima follia del Pd: farci votare a settembre

Renzi lavora all'accordo con Fi sul proporzionale: cerca il blitz per le urne a giugno. Altrimenti dopo le ferie

Ecco l'ultima follia del Pd: farci votare a settembre

Il «day after» del Pd riporta al centro dell'agenda politica di Matteo Renzi la trattativa sulla legge elettorale. L'ipotesi di una scissione nel Partito spinge il leader dei democratici a riprendere il dialogo con Silvio Berlusconi per scrivere insieme le regole del gioco. Si riparte dal proporzionale, archiviando il maggioritario: è il primo effetto dell'implosione del Pd. La direzione del 19 febbraio a Roma ha chiuso una fase, segnata dalla fallimentare rincorsa verso la vocazione maggioritaria. A dieci anni dalla nascita, il Pd dice addio alla sua missione. Nel giugno del 2007, al Lingotto di Torino, Walter Veltroni che sarebbe diventato il primo segretario dei democratici aveva indicato la rotta: diventare un partito autosufficiente. Dieci anni dopo, Matteo Renzi, dallo stesso luogo, dove dal 10 al 12 marzo si terrà un'assemblea dei democratici, celebrerà il funerale dell'idea veltroniana. Il rottamatore fiorentino a Torino, nel prossimo mese di marzo, più che fare un tagliando al Pd certificherà la fine dello spirito maggioritario. La spaccatura nel Partito ha rimescolato le carte in tavola, obbligando l'ex premier a un cambio di linea.

Il secondo effetto della scissione è stato l'addio al Mattarellum. L'ex premier, prima della rottura della minoranza, aveva provato a forzare la mano su una legge elettorale di stampo maggioritario. Cercando una sponda anche nel leader della Lega Nord Matteo Salvini. Renzi, ora, è obbligato a rispolverare il proporzionale perché non ha alcuna intenzione di presentarsi alle elezioni alleato delle stesse persone che gli hanno fatto la guerra. Come prima mossa, l'ex sindaco di Firenze ha riattivato il canale di confronto con Berlusconi. Il Pd punta a un'intesa con Forza Italia per chiudere la partita. Il punto di inizio è il proporzionale, il sistema su cui il Cavaliere ha deciso di puntare da tempo. L'accordo Pd-Forza Italia metterebbe fuorigioco gli altri partiti, arrivando in tempi rapidissimi all'approvazione della nuova legge elettorale. La trattativa riprende dalle due sentenze della Corte costituzionale. La bozza che potrebbe mettere d'accordo Renzi e Berlusconi è il «Provincellum»: un sistema elettorale che conferma i collegi uninominali dell'Italicum ma introduce una ripartizione dei seggi sulla base di un criterio proporzionale. Restano da sciogliere i nodi relativi al premio di coalizione e alla soglia di sbarramento.

Se Renzi pare abbia rinunciato alla vocazione maggioritaria del Pd, non pare abbia accantonato l'idea di andare al voto a giugno. Nonostante dal quartier generale renziano si continua a sbandierare pieno sostegno al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, lo scenario del voto in primavera resta sul tavolo delle trattative. Renzi, dopo aver chiuso la partita del congresso lampo tra aprile e maggio, avrebbe intenzione di passare alla fase due del suo piano: sabotare il governo Gentiloni e arrivare allo scioglimento delle Camere. Se salta giugno, resta in piedi la finestra di settembre. L'obiettivo dell'ex premier sarebbe di votare, in ogni caso, prima di una manovra finanziaria che si annuncia lacrime e sangue. L'ostinazione del segretario del Pd di spingere il Paese al voto anticipato costringerebbe gli italiani e i partiti ad affrontare una campagna elettorale surreale, da celebrarsi in piena estate, tra un tuffo e una corsa in spiaggia. Una consultazione «balneare» dove c'è il rischio di un'altissima astensione. Sarebbe curioso rivedere, un anno dopo, Salvini in costume sulle spiagge della riviera romagnola ma stavolta per tenere comizi.

Con Renzi tutto appare possibile.

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