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Ecco perché anche Dibba è un bluff

Ecco perché anche Dibba è un bluff

Diciamo la verità, non è che l'ineffabile Di Battista sia poi molto diverso dai suoi amici e dai suoi nemici oggi al governo. Analoga faciloneria, medesima inclinazione al bluff, stessa «narrazione» volta ad accreditare l'idea di un Davide buono alle prese con un Golia cattivo. Come quando Conte, Di Maio e Salvini attribuiscono l'isolamento dell'Italia all'«Europa». Un'Europa senza volto. Un moloch tecnocratico. Una Spectre con sede a Bruxelles. E lo fanno nonostante il fatto che ad invocare sanzioni contro di noi siano tutti, ma proprio tutti e 27 i nostri partner europei. Non tecnocrati, ma Stati.

Due sole ipotesi. La prima: tutti i governi d'Europa, «sovranisti» compresi, fanno parte di un inspiegabile complotto contro l'Italia. La seconda: tutti e 27 i nostri partner europei ne hanno le scatole piene dell'arroganza e dell'inaffidabilità del governo gialloverde e dei due leader che ne guidano i passi. Sembra incredibile, ma partiti che insieme rappresentano la metà dell'elettorato stanno come nulla fosse accreditando la prima ipotesi. Stessa, sfacciata, inclinazione all'assurdo che si ravvisa nella ricerca di un nuovo sacro Graal grillino mirabilmente impersonata e messa in scena dal baldo Di Battista sere fa dalla Gruber. Se, quando smettono di riversarle sull'«Europa», i due vicepremier si scaricano l'un l'altro le responsabilità del fallimento politico, Di Battista per mantenersi vergine le scarica su entrambi: la Lega «come il Pd», i governanti grillini come «burocrati chiusi nei ministeri». Eccolo lì, il puro più puro che li epura. Eccolo, e non è il solo, a teorizzare il ritorno salvifico «tra la gente», per lavare così l'onta di una politica inconcludente. «Siamo bravi ragazzi», ha detto e infinite volte ripetuto Alessandro Di Battista. L'errore è pensare che volesse solo giustificare il Movimento. Voleva soprattutto evocarne lo spirito iniziale, per trovare nel Mito fondante dell'Onestà la forza di ripartire come se si ripartisse da zero. Come se il governo non ci fosse stato. Come se un anno e passa di parole, di fatti, di facce e di conseguenze fosse stato solo un brutto sogno. Un sogno per giunta sognato da altri.

«Onestà, onestà», «sovranità, sovranità»: ci si rifugia negli onori della retorica per scansare gli oneri della responsabilità.

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