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Ecco come scoprire se il Comune ha barato nel calcolo della Tari

Bisogna verificare gli importi indicati per le pertinenze come garage, soffitte e giardini

Ecco come scoprire se il Comune ha barato nel calcolo della Tari

M ilano e Polignano a Mare, Cagliari e Mesagne, Rimini e Siracusa. Comuni grandi e piccoli, al Nord come al Sud. La Tari gonfiata è un fenomeno che non conosce confini. Ma ora che finalmente il governo ha preso atto della denuncia, il problema è come passare all'incasso, facendosi restituire le centinaia di euro che gli enti locali ci hanno tolto, è il caso di dirlo, con un raggiro.

La norma generale per la restituzione delle imposte indebitamente versate a un ente locale, dà al cittadino cinque anni di tempo dall'accertamento dell'errato pagamento per chiedere la restituzione, rivolgendosi direttamente all'ente erogante. Nel caso della Tari dunque, bisogna controllare la lettera con il dettaglio della tassa che viene inviata a casa a ciascun contribuente, e verificare se è stata elaborata direttamente dal Comune o da una società esterna o magari una municipalizzata. In tal caso, la richiesta va presentata alla società che riscuote il tributo per conto del Comune.

La tassa sui rifiuti calcolata in eccesso riguarderebbe decine di migliaia di contribuenti, ma prima di agire bisogna comunque verificare che l'immobile si trovi in uno dei Comuni che hanno praticato il calcolo errato e controllare se effettivamente nel proprio caso la tariffa applicata è superiore a quella dovuta per legge. Per verificarlo bisogna ancora una volta esaminare la lettera con cui viene quantificata la cifra da pagare e andare a guardare nel dettaglio della composizione della tariffa. Se oltre alla dicitura «domestica - componenti», seguita dal numero dei componenti della famiglia, sono presenti altre quote con la dicitura «domestica - accessori» o «domestica - pertinenze», seguite da un numero di componenti (che in genere sarà 1), siete tra le vittime di questo grandioso inganno dei Comuni a danno dei cittadini.

L'errore, chiamiamolo così, si annida infatti nella doppia componente della tariffa che dovrebbe basarsi sui metri quadri e sui componenti del nucleo familiare (considerati come indicatore della quantità di spazzatura prodotta). Molti Comuni hanno calcolato più volte la componente variabile (cioè il numero di persone che vivono nell'immobile): una volta per la parte principale dell'immobile e una per ciascuna parte accessoria. Quindi è a rischio chi ha un'abitazione classificata al catasto in più parti, magari in base a un vecchio accatastamento oppure perché la casa è composta anche da un giardino, una soffitta, una cantina o un garage. In casi come questi, i Comuni furbetti hanno aggiunto un componente familiare per ogni pertinenza dell'immobile.

Il conto delle cifre da chiedere indietro, spesso versate per anni, può ammontare anche a svariate centinaia di euro. L'ideale, una volta accertato di essere tra gli aventi diritto, è rivolgersi a un Caf o a un commercialista per avere un conteggio accurato. I Cinque stelle, che hanno denunciato l'inghippo, hanno anche predisposto un modulo per la richiesta che si trova anche sul sito del Giornale a questo indirizzo: https://goo.gl/jg5W9e.

Il Comune in teoria ha 90 giorni per rispondere alla richiesta. Ma potrebbe ricorrere al silenzio-diniego. In tal caso, meglio attenderne 180 giorni per essere sicuri, e poi bisogna ricorrere a mezzi legali, con ottime probabilità di vincere. È probabile però che il governo vari una circolare che renda tutto ufficiale e più facile.

Speriamo.

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