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Economia, la Germania frena Anche i tedeschi piangono

Rapporto negativo della Bundesbank sui conti di Berlino: Pil in fase di stagnazione. Accordo di Padoan con enti locali e banche, per pagare 31 miliardi di debiti della Pa

Economia, la Germania frena Anche i tedeschi piangono

Anche la locomotiva europea rallenta. Niente rispetto agli indicatori della nostra economia, sempre più simili a bollettini di guerra, ma abbastanza da mettere di buon umore chi cerca di contrastare la prudenza della Germania sulle politiche pro crescita. A fare il punto sull'economia tedesca è stata la Bundesbank, custode del credo rigorista. Per il secondo trimestre 2014 l'istituto guidato da Jens Weidmann prevede una fase di stagnazione per l'economia tedesca, con il Pil che dovrebbe restare sullo stesso livello dei tre mesi precedenti. Una frenata rispetto alla crescita del primo trimestre, quando il Pil si era attestato comunque su un modesto 0,8%. Continuano a pesare i dati negativi dell'edilizia, ma anche le tensioni Russia-Ucraina. Notizie un po' più positive dal Fmi che ha previsto al rialzo il Pil del 2014 (1,9 contro 1,7% delle precedenti rilevazioni) e ha auspicato che i tedeschi decuplichino gli investimenti in infrasrutture, in modo da aiutare paesi meno forti. In particolare l'Italia.
A Roma le leve per fare crescita sono limitate. Il governo è intenzionato a puntare sulla restituzione della Pa, nella speranza che gli effetti si facciano sentire anche sul Pil e risollevino un po' gli indici economici, mai così depressi. Ieri, per la prima volta da quando è in carica Pier Carlo Padoan, il ministero dell'Economia ha comunicato via sito web la nuova cifra ufficiale: fino ad oggi sono stati pagati alle imprese 26,1 miliardi di euro. Sono 2,6 miliardi in più rispetto al dato di marzo. L'obiettivo è di liquidarne altri 31 entro l'anno e considerare quindi chiusa perlomeno la restituzione dello stock del vecchio debito. Bankitalia stima sia di 75 miliardi, Confindustria intorno ai 100. Molti meno per la Ragioneria generale dello Stato.
Più che una rivoluzione o una decisione risolutiva è il segnale che il governo vuole cambiare passo e concorda con chi considera la restituzione dei debiti l'unica misura in grado di dare alle imprese liquidità. Soldi che, peraltro, sono già loro.
Ieri, sempre per permettere il pagamento di altri debiti, il governo ha dato un primo colpo di piccone al patto di stabilità interno; regole che vincolano i bilanci di Regioni ed enti locali. Il ministro Padoan ha firmato un protocollo di intesa con i rappresentanti di Regioni, Province, Comuni, imprese, ordini professionali, banche e Cassa depositi e prestiti. Un documento che specifica gli impegni che ciascuna parte assume per garantire il pagamento.
Principale novità è appunto la promozione di «nuove misure di allentamento del patto di stabilità interno». In sostanza maggiori margini di spesa concessi a sindaci e governatori in funzione del pagamento dei debiti che gli enti pubblici locali hanno nei confronti dei privati.
Un primo passo per l'abolizione totale del patto di stabilità interno che, nei piani del governo Renzi, dovrebbe arrivare entro tre anni. Per il resto Regioni, Province e Comuni, nel protocollo si impegnano a intensificare l'uso della liquidità messa a disposizione dallo Stato, anche con «adeguati presidi durante il periodo estivo». Le associazioni delle imprese solleciteranno i propri associati a presentare istanza di certificazione dei crediti e diffonderanno informazioni relative all'accesso e all'utilizzo della Piattaforma elettronica. Quanto al sistema bancario «l'Abi si è impegnata a favorire il più agevole processo di cessione del credito». La Cassa depositi e prestiti si è impegnata ad adottare l'accordo con le banche per la cessione dei crediti.
Protocollo a parte, il governo vuole accelerare perché i segnali dall'economia reale sono molto peggiori del previsto. La settimana scorsa Bankitalia ha previsto una crescita dello 0,2%, se non nulla. Meno Pil significa conti pubblici fuori controllo, tanto che ieri il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta è stato possibilista sulla manovra correttiva, dicendo che il governo farà uno «sforzo massimo» per evitarla. Ieri un'altra doccia gelata dall'Istat, con gli aggiornamenti su fatturato e ordinativi. Questi ultimi a maggio registrano una flessione congiunturale del 2,1%, con una diminuzione del 4,5% di quelli esteri e dello 0,2% di quelli interni. Il fatturato, sempre a maggio al netto della stagionalità, è diminuito dell'1% rispetto ad aprile, registrando flessioni sia sul mercato estero che su quello interno.

Segni di declino che un'iniezione di liquidità, potrebbero quantomeno attenuare.

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