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"È emergenza profughi". L'Europa si sveglia ma esclude ancora l'Italia

Vertici tra Germania, Francia e Gran Bretagna: Renzi sta a guardare. Anche l'Austria alza la voce E la Macedonia chiude i confini con la Grecia

"È emergenza profughi". L'Europa si sveglia ma esclude ancora l'Italia

A questo punto è ufficiale: sull'emergenza immigrazione l'Europa si muove. I Paesi che pesano e che contano di più - la Germania, la Gran Bretagna e la Francia - sono ormai investiti direttamente dalla marea migratoria a un livello tale da provocare preoccupanti ricadute sociali e di ordine pubblico, e questo fa sì che Bruxelles cambi atteggiamento. Non più - nelle parole del portavoce della Commissione europea - «un problema greco, o italiano, o ungherese o francese», ma una questione europea. Perfino la Macedonia - fuori dall'Ue - dichiara lo stato di emergenza e mobilita l'esercito per chiudere il confine sud con la Grecia preso d'assalto dai profughi.

Sono in realtà gli stessi Paesi dominanti a muoversi, determinando il nuovo dinamismo comunitario. E sono purtroppo sempre gli altri, compreso il nostro, a svolgere un ruolo subalterno. Ieri è stata in questo senso una giornata molto importante, che ha visto in due diverse sedi incontri tra i ministri dell'Interno di Londra, Parigi e Berlino. In mattinata a Calais il francese Bernard Cazeneuve e la britannica Theresa May hanno raggiunto un accordo per la gestione comune dell'emergenza sicurezza che sta rendendo la vita impossibile in quella cittadina portuale sulla Manica, dove c'è, di fatto assediato da migliaia di immigrati, l'ingresso francese dell'Eurotunnel sottomarino che conduce in Inghilterra. Subito dopo, Cazeneuve è partito per Berlino, dove lo attendeva il collega tedesco Thomas De Maizière: anche lì, il tema dell'incontro bilaterale sono state le politiche migratorie.

Spicca purtroppo in tutto questo dinamismo europeo l'assenza dell'Italia, che pure continua a ricevere ogni giorno con regolarità centinaia di migranti sulle proprie coste meridionali. E qui il ruolo dell'Europa non va oltre l'integrare le nostre navi con quelle della missione EuNavFor Med nelle operazioni di soccorso dei barconi in mare e successiva consegna alle nostre autorità. Intanto monta l'insofferenza anche di altri Paesi verso quanti nell'Ue rifiutano di partecipare alla condivisione dell'emergenza: è il caso dell'Austria, che minaccia di portare davanti alla Corte di giustizia per violazione dei trattati la Commissione europea. Non è possibile, protesta Vienna, «che il 92 per cento dei profughi sia un problema scaricato solo su dieci Paesi dell'Unione».

Meritano attenzione a questo punto i dettagli dell'intesa franco-britannica raggiunta a Calais. Anzitutto è stata annunciata la creazione di un centro congiunto di crisi per trovare e smantellare organizzazioni criminali che provano a far attraversare illegalmente ai migranti la Manica. Francia e Regno Unito dispiegheranno poi più agenti all'ingresso dell'Eurotunnel e intorno al Canale della Manica per bloccare i tentativi di raggiungere l'Inghilterra. Londra inoltre stanzierà 10 milioni di euro in due anni per mettere in sicurezza la zona.

C'è però anche un altro aspetto: Londra finanzierà nuovi centri di accoglienza in territorio francese, ma lontano da Calais, per i richiedenti asilo. Qui interpreti e mediatori culturali cercheranno di far capire che per chi non ha diritto a casa e lavoro la vita in Gran Bretagna non è affatto rosea come viene immaginata.

A Calais hanno pensato anche a Italia e Grecia, ma per dar loro una pacca sulle spalle: l'impegno a sostenerle sui centri d'identificazione dove si distinguono i rifugiati dai «migranti economici», quelli irregolari. Quanto a un futuro «dialogo ad alto livello con i principali Paesi di transito e provenienza» (Italia inclusa, immaginiamo), viene lanciato un appello a Federica Mogherini.

Un problema europeo, appunto.

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