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Gli emiri finanziano la guerra ma poi ci scaricano i profughi

Il Qatar e gli altri ricchi Paesi del Golfo armano generosamente gli jihadisti in Siria. E chiudono la porta in faccia ai "fratelli" in fuga

Profughi siriani in Turchia, nell'area di Sanliurfa
Profughi siriani in Turchia, nell'area di Sanliurfa

Loro finanziano guerre, stragi ed orrori. Noi invece dobbiamo accollarci i profughi causati dalle loro nefandezze. E sentirci in colpa per non aver fatto di più. È il paradosso di un'Italia e di un'Europa in balia delle prediche umanitarie di chi alimenta i sensi di colpa del Vecchio Continente, ma sorvola allegramente sullo spregiudicato cinismo di nazioni islamiche come il Qatar, il Kuwait, gli Emirati Arabi e l'Arabia saudita. Paesi ricchi e opulenti che non hanno esitato a finanziare e armare le brigate jihadiste responsabili dei peggiori orrori siriani. Paesi da cui continuano a partire le donazioni destinate allo Stato islamico e alle formazioni qaidiste come Jabat Al Nusra. Paesi dove, però, non esiste un solo campo profughi e ai rifugiati viene sbattuta la porta in faccia.

Per capirlo guardate i dati. Negli ultimi tre anni la Siria è diventata la grande madre degli oltre tre milioni di profughi disseminati ai quattro angoli di Medio Oriente ed Europa. Assieme al numero di quei disgraziati si sono moltiplicate le accuse di egoismo e insensibilità ad Italia ed Europa. L'esempio più abusato in casi come come questi è quello del Libano. «Se i cinquemila siriani arrivati in Italia vi sembrano troppi guardate ad un Libano che ne ospita oltre un milione su 4 milioni di abitanti», ripete infaticabile la Presidente della Camera Laura Boldrini. Antonio Guterres, capo dell'Alto Commissariato per i Profughi, l'organizzazione dell'Onu per cui ha lavorato a lungo anche la Laura nazionale, riesce a far persino peggio. Qualche settimana fa, parlando dagli Emirati Arabi Uniti, non esita a puntare il dito contro l'Europa accusata di accogliere un numero esiguo di rifugiati. Un'accusa perlomeno mal indirizzata visto il pulpito da cui viene pronunciata. Gli Emirati Arabi Uniti, grande, ma arido cuore finanziario del Medio Oriente, non accolgono - come spiegano le stesse statistiche pubblicate dall'Alto Commissariato - un solo rifugiato proveniente dalla Siria, dalla Palestina o da qualsiasi altro Paese islamico. Lì come nella florida Arabia Saudita, nell'opulento Qatar e nel ricchissimo Kuwait i rifugiati non possono neppure avvicinarsi alle frontiere.

Eppure i motivi per aprire le porte a quei fratelli islamici in fuga ed esibire un bruciolo di ipocrita generosità non mancherebbero. Anche perché le ragioni per sentirsi in colpa da quelle parti abbondano. Grazie ai tre miliardi spesi solo tra il 2011 e il 2013 per armare l'Isis e le altre formazioni ribelli, il Qatar può tranquillamente venir considerato il principale finanziatore degli orrori siriani. Eppure fino ad oggi questo grande burattinaio della guerra islamica si è limitato ad accogliere 42 profughi siriani definiti «ospiti dell'emiro» e trasformati in icone umane della munifica generosità del sovrano.

Il Kuwait e l'Arabia saudita non hanno fatto nemmeno quello. In compenso la comunità islamista kuwaitiana continua ad essere la più grande finanziatrice dello Stato Islamico.

I sauditi, oltre a non accogliere un solo profugo su un territorio nazionale definito «luogo sacro dell'Islam», usano il campo profughi giordano di Zaatari e i suoi 80mila rifugiati siriani come pratica agenzia per rifornire di prostitute minorenni e spose bambine i propri anziani emiri. Al costo di soli due dollari, come riferito tempo fa dal quotidiano canadese Toronto Star , gli anziani sauditi possono scegliersi la preda preferita e trattare il prezzo per una prestazione temporanea o un trasferimento nel proprio harem. Il tutto sotto gli occhi indifferenti dell'Alto Commissariato per i Rifugiati e delle autorità giordane. A loro i vizi e gli orrori.

A noi i costi ed i sensi di colpa.

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