Politica estera

Erdogan, il malore in diretta tv e il progetto di impero ottomano

Un malore, che probabilmente non verrà mai certificato ufficialmente, comizi elettorali cancellati e la solita provocazione contro le isole greche sotto il segno della "grande patria blu ottomana"

Erdogan, il malore in diretta tv e il progetto di impero ottomano

Un malore, che probabilmente non verrà mai certificato ufficialmente, comizi elettorali cancellati e la solita provocazione contro le isole greche sotto il segno della «grande patria blu ottomana». Non mancano i colpi di scena nella campagna elettorale più difficile del ventennio erdoganiano, non solo perché il presidente uscente è alle prese con mille dossier connessi con il suo futuro politico (l'Ucraina, i rapporti con Mosca e Pechino, la crisi della lira turca), ma anche perché per la prima volta in due decenni la sua vittoria non è scontata.

Ieri il giallo è andato in onda in diretta tv: durante un'intervista Recep Tayyip Erdogan ha avuto un mancamento. Nel video che sta facendo il giro del web si vede il giornalista che lo intervistava alzarsi, per poi tornare a sedersi, mentre all'interno del palazzo presidenziale si sentivano delle voci concitate. La trasmissione si è interrotta bruscamente, senza che la telecamera mostrasse il presidente che, dopo circa 10 minuti, è ricomparso in video. Si è scusato con i telespettatori e ha detto di avere qualche disturbo allo stomaco dovuto alla stanchezza. L'intervista si poi è conclusa in pochi minuti, ma il sultano è apparso visibilmente sopraffatto.

Poche ore prima a destare scalpore era stato uno spot elettorale del suo partito, in cui si vede una mappa con in rosso le isole greche dell'Egeo orientale, molte del Dodecanneso, ma anche tutta la Tracia occidentale, ovvero la grande patria blu dell'impero ottomano. Una provocazione che sembrava accantonata dopo che il governo ellenico era stato il primo a prestare solidarietà e aiuti all'indomani del sisma di due mesi fa. Ma così non è stato. Il tutto mentre gli oppositori politici di Erdogan restano in carcere: è il caso di Salahdin Demirtas, leader dell'HDP filocurdo, arrestato sei anni fa con l'accusa di terrorismo ma con un carisma che ancora riesce a emergere dalle sbarre. Non è certo che questi voti vadano direttamente a Kemal Kilicdaroglu, sostenuto da sei diversi partiti di opposizione, ma il fattore curdo avrà comunque un peso rilevante il 14 maggio.

Cinque anni fa Recep Tayyip Erdogan vinse al primo turno delle presidenziali con il 52 per cento dei voti, mentre gli ultimi sondaggi dicono che solo il 40 voterebbe per lui. Troppo forte l'impatto dell'inflazione che sta flagellando cittadini e imprese, accanto alla tragedia del terremoto dello scorso febbraio che ha provocato 50mila vittime. Anche il reddito medio, che nel 2012 toccò il record di 12mila dollari, è ora sceso a 9mila, lo stesso fatto registrare nel 2007.

Nel mezzo altre manette accompagnano il paese alle urne: ben 100 arresti per terrorismo, tra cui attori, avvocati e 5 giornalisti.

Il governo la chiama 'operazione contro il Pkk'.

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