Cronache

Esami facili alla Link, il caso dell'indagato finisce nelle mani di un suo fedelissimo

Riccio, coinvolto nell'inchiesta, deciderà le sanzioni per il segretario del Siulp

Esami facili alla Link, il caso dell'indagato finisce nelle mani di un suo fedelissimo

I magistrati possono attaccare Salvini nell'indifferenza più totale di una certa parte politica, ma non si tocchino i settantuno indagati della Link Campus.

L'ultimo caso è il maldestro tentativo dell'amministrazione di polizia di rendere la vita facile a Felice Romano, segretario generale del Siulp, finito dritto nell'inchiesta che ruota attorno all'Università tanto cara ai Servizi e ai 5 stelle, ora al centro dello scandalo delle lauree facili emerso grazie alle indagini della Guardia di finanza. Da quanto si apprende dalla documentazione ora al vaglio della Procura di Firenze, diversi iscritti al Siulp sarebbero riusciti a ottenere il diploma di laurea senza sostenere alcun esame e senza mai vedere i professori. In tutto questo Felice Romano avrebbe intascato dalla Link, di solito restia a pagare chi chiama sporadicamente a fare lezione, 600 euro a iscritto. Soldi che finivano dritti in un conto corrente di una banca di San Marino, il cui dominus risulterebbe essere Sabatino Riccio, militante del Siulp molto vicino proprio a Romano e all'epoca dei fatti oggetto di indagine distaccato come capo della gendarmeria della repubblica del Monte Titano.

Ebbene, nei giorni scorsi, in barba a qualsiasi principio di correttezza, il Dipartimento di Pubblica sicurezza ha trasferito Riccio, fino a oggi vicario del questore di Ravenna, a Modena, dove assume lo stesso incarico. Tra i compiti del vicario ci sono anche quelli di gestire eventuali provvedimenti disciplinari. Felice Romano, per quanto distaccato a Roma come sindacalista, dipende dalla questura di Modena.

Ecco allora che Riccio, uno dei poliziotti finiti nell'inchiesta sulla Link, dovrà decidere su eventuali sanzioni disciplinari nei confronti del suo fedele amico, indagato perché, come citato anche nelle carte, avrebbe fatto parte di quella che per la Procura era una vera e propria «associazione a delinquere».

Il Dipartimento ha la facoltà di avviare indagini di iniziativa su fatti illeciti, ma il capo della Polizia, il prefetto Franco Gabrielli di fronte a fatti che se verificati sarebbero gravissimi non risulta sia stato sollecito ad attivare la procedura. Cosa che, invece, non ha esitato a fare con tanti altri sindacalisti non particolarmente «allineati» ai dettami del Dipartimento. Perché, dunque, non aprire un'inchiesta amministrativa interna? Neppure dopo le risultanze di un'indagine che ha portato al centro delle cronache nazionali la Link? Si tratta dell'Università da cui viene anche l'ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta, che mesi prima di assumere l'incarico di governo andava per i corridoi della Link a raccontare a tutti che sarebbe andata presto al vertice delle Forze armate.

Lei sostiene che l'ateneo non sapesse della sua attività politica, ma c'è chi fu colpito dalle sue vanterie. Così come si è colpiti adesso dall'inspiegabile silenzio che i vertici della Polizia continuano a tenere nei confronti di certi sindacalisti che pendono più verso la parte dell'esecutivo.

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Riceviamo e pubblichiamo:

Gentile Direttore,

vorrei fornire alcune precisazioni a beneficio dei lettori sull’articolo “Esami facili alla Link, il caso dell’indagato finisce nelle mani di un suo fedelissimo” pubblicato sul suo giornale.

Chi ha scritto l’articolo forse ignora che l’azione disciplinare nei confronti di un poliziotto – pur autonoma e distinta da quella penale – non può essere esercitata prima che l’Amministrazione prenda piena cognizione dei fatti dall’Autorità Giudiziaria che procede.

Nessun “maldestro tentativo” di rendere la vita facile a chicchessia ma semplice rispetto delle regole. Appena giuridicamente possibile saranno dunque intrapresi, senza indugio, i provvedimenti disciplinari del caso anche in riferimento alla eventuale falsa acquisizione di titoli accademici utilizzati per la progressione in carriera.

Rammento inoltre che l’azione disciplinare è prerogativa del Questore pro tempore della provincia dove presta servizio il dipendente. Il vicario in qualità di presidente del consiglio provinciale di disciplina (tra l’altro dubito l’attuale, in ragione delle tempistiche del procedimento penale) ove fosse a qualsiasi titolo coinvolto nell’inchiesta, sarebbe in evidente posizione di incompatibilità.

Un’ultima preghiera Direttore. Sarò ben lieto di far parlare gli Uffici Dipartimentali con il suo giornalista per analizzare insieme i procedimenti disciplinari avviati nei confronti dei “tanti altri sindacalisti non particolarmente allineati”. Categoria sulla cui esistenza, alla luce dell’infondatezza delle altre notizie riportate nell’articolo, mi consenta di nutrire qualche dubbio.

Cordialmente,

Franco Gabrielli

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