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Etruria, la corsa degli ex capi per risultare nullatenenti

La denuncia delle vittime: hanno ceduto le proprietà mentre la banca stava fallendo per evitare azioni di rivalsa. Due manager hanno venduto case dopo i controlli di Bankitalia

Etruria, la corsa degli ex capi per risultare nullatenenti

Se avessero chiesto un fido in banca, con quella miseria di proprietà intestate, probabilmente non glielo avrebbero concesso. A meno, ovviamente, di non chiederlo a Banca Etruria, la banca che loro stessi hanno amministrato fino al crac, con stipendi fino a 620mila euro l'anno, benefit, premi, indennità di carica, gettoni, compensi extra per il buon lavoro svolto. Eppure, malgrado il reddito prestigioso, se si dà un'occhiata ai beni immobiliari degli ex top manager di Banca Etruria (nuovamente sanzionati da Bankitalia con multe per totali 2,2 milioni), sembra di avere a che fare con degli innocui pensionati con la minima.La verifica l'ha fatta, tramite visure camerali, l'«Associazione vittime del Salva Banche», i risparmiatori che con le obbligazioni e le azioni di Etruria (e non solo) hanno perso migliaia di euro. Il risultato, per loro, è un'ulteriore beffa: «Sono dei nullatenenti, hanno intestato tutto, evidentemente, a parenti in tempi non sospetti - dice Letizia Giorgianni, presidente dell'associazione - Per questo rinunciamo a costituirci parte civile: anche in un ipotetico rimborso, questi ex amministratori non avrebbero beni su cui rivalerci». Proprio nulla no, ma comunque poca roba per essere degli ex banchieri, imprenditori, amministratori di società. La condizione ideale, in effetti, per chi rischia richieste di risarcimento per bancarotta o truffa.Per alcuni ex amministratori la tempistica delle vendite immobiliari può alimentare qualche sospetto. Prendiamo l'ex presidente di Etruria, Lorenzo Rosi. Dalle visure risulta proprietario di due piccoli appartamenti in provincia di Arezzo, per un valore stimato di 60mila euro complessivi, spiccioli. Proprietà acquistate - ed è qui la tempistica interessante - tramite una permuta di un altro immobile, il 28 marzo del 2015. Vale a dire, un mese dopo che Banca Etruria era stata commissariata. Perché quella fretta, si chiedono i risparmiatori rimasti in braghe di tela.Molta fretta anche per Luca Bronchi, ex direttore generale della banca. Bronchi in precedenza aveva il 50% di un immobile ad Arezzo, una villetta di valore, circa 1 milione di euro. Nell'ottobre 2013 però, cioè dopo le prime ispezioni di Bankitalia, Bronchi decide di cedere il 50% dell'immobile in usufrutto. Significa che resta proprietario solo della nuda proprietà di metà casa, con un valore di circa dieci volte inferiore rispetto alla piena proprietà. Un ottimo scudo, nella disgraziata ipotesi che qualcuno voglia sequestrarti i beni.Poi c'è Luciano Nataloni, membro del cda di Etruria, commercialista dalle mille poltrone (ben retribuite) e incarichi, tra società pubbliche e coop rosse. Ebbene, se risparmiatore imbrogliato volesse rivalersi sull'ex consigliere Nataloni, potrebbe mirare solamente a un immobile a Castelfranco Piandisco (rendita 840 euro).E l'ex vicepresidente della banca Pierluigi Boschi, padre del ministro delle Riforme? Il database del catasto, interrogato con il codice fiscale di Boschi senior, restituisce non uno ma due risultati: Pierluigi Boschi e Pier Luigi Boschi, con il nome staccato e con la stessa identica anagrafica. Per questo motivo l'associazione dei truffati, insieme al commercialista che li assiste e alcuni esponenti del centrodestra che seguono da vicino la vicenda, in un primo momento vengono tratti in inganno dalla visura di uno solo dei due profili. Da cui Boschi risulterebbe proprietario solo di due piccoli terreni («un orticello»). In realtà l'ex vicepresidente della banca ha due case di proprietà, più altri terreni. Non venduti o ceduti in usufrutto mentre la banca stava andando in rovina, come sembra abbiano fatto altri nel Cda di Etruria.

Sempre un nulla, però, rispetto a quello che gli obbligazionisti dorrebbero ricevere come risarcimento.

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