È una settimana decisiva nel processo a New York contro Donald Trump per il pagamento alla pornostar Stormy Daniels. Il caso si avvia verso le battute finali e ieri ha visto salire sul banco dei testimoni Michael Cohen, ex avvocato tuttofare del tycoon e figura chiave dell'accusa.
L'ex faccendiere di Trump, diventato il suo peggiore nemico, dice che nel 2016 ha comprato con 130 mila dollari il silenzio della pornostar su una passata relazione con l'allora candidato repubblicano per non danneggiare la sua campagna elettorale, e poi si è fatto da lui rimborsare con delle fatture per prestazioni legali fittizie. Durante la testimonianza, considerata cruciale per stabilire il grado di coinvolgimento dell'ex presidente americano nella vicenda, ha affermato di aver mentito, intimidito e minacciato per suo conto. «Questo è ciò che doveva essere fatto per portare a termine i compiti», ha aggiunto sotto giuramento in aula. Cohen ha raccontato come ha conosciuto Trump e che tipo di lavoro svolgeva per lui, dalla rinegoziazione di fatture ritenute eccessive ai rapporti con la stampa per tutelare o promuovere la sua immagine. Ha ammesso che talvolta ha mentito per lui e che doveva sempre tenerlo informato su quello che accadeva. Il super teste non lavorava per l'ufficio legale generale della Trump Organization, «rispondevo solo a Donald», ha precisato, definendosi il suo «fixer».
Inoltre ha pure confermato l'incontro del 2015 alla Trump Tower con il tycoon e David Pecker, e l'offerta dell'editore del tabloid National Enquirer di pubblicare storie negative sui rivali dell'allora candidato presidenziale seppellendo invece quelle critiche su di lui. Cohen ha detto che Trump gli chiese di non far uscire la storia del portiere del palazzo sulla Fifth Avenue sulla sua presunta paternità extra matrimoniale e quella della presunta relazione con la coniglietta di Playboy Karen McDougal, cosa che fece insieme a Pecker. La deposizione ruota infatti anche sul pagamento di 150 mila dollari per comprare e seppellire la storia di McDougal, e alla giuria è stata fatta sentire la registrazione fatta di nascosto da Cohen della conversazione con Trump, che gli disse «paga in contanti».
L'ex avvocato ha assicurato che quella fu l'unica volta che registrò segretamente un colloquio con il suo capo nei dieci anni in cui ha lavorato per lui, e lo fece per essere sicuro che Pecker rimanesse leale. Dopo che l'accusa avrà terminato le testimonianze questa settimana, la difesa chiederà un verdetto diretto da parte del giudice sulla base del fatto che le prove non sono sufficienti per sostenere una condanna.
Nel fine settimana durante un comizio in New Jersey, Trump ha pure sparato a zero contro il rivale democratico, affermando che è dietro al «processo farsa di New York».
«Ho un grande rispetto per l'ufficio della presidenza e ho iniziato a parlare così di Biden solo perché la corsa ora è ormai senza esclusioni di colpi» dopo che «mi hanno incriminato quattro volte, più di Al Capone», ha aggiunto l'ex inquilino della Casa Bianca accusando il giudice del caso, Juan Merchan, e il procuratore di Manhattan Alvin Bragg di svolgere il lavoro sporco per conto di Biden.
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