Politica

Ex Ilva, il governo pensa già al dopo Arcelor Investimenti statali e Ue per non chiudere

Al vaglio una parziale riconversione green. E 4-5 anni di cassa integrazione

Ex Ilva, il governo pensa già al dopo Arcelor Investimenti statali e Ue per non chiudere

Il film di Stato per la nuova Ilva è pronto. E stando alle indiscrezioni che trapelano da Roma - e che prevedono l'uscita di scena di Arcelor Mittal - i magistrati, e la decisione di fermare Afo2 (l'altoforno da mettere in regola dal 2015), non faranno altro che aiutare il governo a mettere in atto il copione previsto. Che sia poi un film a lieto fine, e non dal tragico epilogo, è tutto da vedere. Le novità dell'ultima ora darebbero, infatti, Arcelor Mittal quasi alla porta e sarebbe stato proprio il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ad ammetterlo. «Il piano industriale su cui lavora il Governo per l'ex Ilva resterà valido anche nel caso di una uscita di scena di ArcelorMittal e dell'arrivo di un nuovo azionista privato in una diversa compagine societaria con la presenza dello Stato», avrebbe indicato, secondo quanto trapela, il ministro al tavolo in corso con i sindacati. Un dettaglio non da poco che conferma le voci riportate dal Giornale secondo cui il governo avrebbe intrapreso la caccia al socio di riserva: Arvedi, ma anche i cinesi di Jingye, che hanno recentemente comprato British Steel, o di Baosteel, per altro già presente in Italia.

Tornando al piano industriale, ci sarebbero ormai una serie di punti fermi che confermano la direzione svelata da tempo: una importante presenza dello Stato controllore, un socio industriale del settore (Mittal o altri), una produzione di acciaio non inferiore a 8 milioni di tonnellate l'anno, e la tutela dei livelli occupazionali. In parallelo, forni elettrici da affiancare al carbone, e un piano verde che negli anni (almeno cinque) porti a Taranto una produzione più ecologica. Il tutto, anche con il sostegno di alcune controllate di Stato che, al momento però, non sono uscite allo scoperto se non con un'intenzione di investimento sul cantiere Taranto (vedi Snam). «Il governo vuole che l'ex Ilva diventi un modello di sviluppo per la siderurgia, che abbia al centro, oltre alla garanzia occupazionale, l'utilizzo di tutte le tecnologie sostenibili» avrebbe detto Patuanelli al Mise facendo cenno a 1 miliardo di investimenti, cifra che non tiene però minimamente conto del peso occupazionale (stipendi e cassa). A corredare la proposta ci sarà, infatti, una cassa integrazione a fiumi per quattro o cinque anni. Insomma, tanti tanti soldi pubblici in campo che non fanno di questa operazione una nazionalizzazione tout court solo per qualche dettaglio, ancora da dimostrare.

L'idea del governo è quella di «battersi perché alcuni dei fondi europei, per esempio il Just Transition Fund Mechanism, possano essere utilizzati per la transizione energetica senza sfruttare combustibili fossili, ma ecocompatibili», ha detto il premier Giuseppe Conte. Intanto, ieri, la trattativa ha incassato dai sindacati il «no agli esuberi e alla cassa integrazione straordinaria». Mentre l'Usb ha chiesto di perseguire legalmente ArcelorMittal.

Se sarà un suicidio industriale o meno, solo il tempo lo svelerà. A livello prettamente politico per il governo è un piano vincente che disinnescherà una serie di pericolose mine politiche, in primis la reintroduzione dello scudo penale che ha spaccato i 5Stelle.

Ma anche l'opposizione di chi a Taranto - tra il governatore Michele Emiliano, la magistratura e la politica locale - non ha mai voluto Arcelor Mittal in azienda.

Commenti