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Facebook vuole spegnere CasaPound

Ricorso della piattaforma social: diffondono odio. Iannone: censura

Facebook vuole spegnere CasaPound

Non c'è tregua per CasaPound, che dopo la decisione del Tribunale di Roma che ha intimato a Facebook di riattivare i profili degli esponenti del movimento di destra ora si vede presentare un «reclamo contro l'ordinanza», come annunciato con una nota dai rappresentanti del social network. Come si ricorderà, il colosso di Menlo Park aveva chiuso le pagine e i profili di CasaPound motivando la decisione con una violazione degli standard della comunità social, molto rigidi.

«Non vogliamo che le persone o i gruppi che diffondono odio - scrive Facebook - o attaccano gli altri sulla base di chi sono utilizzino i nostri servizi, non importa di chi si tratti. Per questo motivo abbiamo una policy sulle persone e sulle organizzazioni pericolose che vieta a coloro che sono impegnati in odio organizzato di utilizzare i nostri servizi. Partiti politici e candidati, così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram, devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia». Ma il giudice Stefania Garrisi aveva imposto la riattivazione dei profili scrivendo nell'ordinanza: «È evidente il rilievo preminente assunto dal servizio di Facebook, con riferimento all'attuazione di principi cardine essenziali dell'ordinamento come quello del pluralismo dei partiti politici al punto che il soggetto che non è presente su Facebook è di fatto escluso dal dibattito politico italiano». Ecco il perché della decisione. Il ricorso sarà sottoposto a un collegio di giudici di chi però la Garrisi non farà parte. Al centro del ricorso ci sarebbero violazioni delle norme imposte dal social network. CasaPound avrebbe postato foto di Benito Mussolini, avrebbe attaccato i rom e discriminato «il diverso», tra le altre cose. Ma a quanto pare in Italia continua a vigere il pensiero unico. «Pensa come vuoi, ma pensa come noi - spiega al Giornale il presidente del movimento di destra, Gianluca Iannone - È orwelliano. Non ci danno pace, continuano ad attaccarci e censurarci. E poi parlano di democrazia». La censura anche per i libri della casa editrice Altaforte, che da mesi viene boicottata ed esclusa dal Salone del libro per la sua vicinanza al movimento politico, nonostante pubblichi testi di attualità. Il simbolo di CasaPound, peraltro, figurava ufficialmente tra quelli sulle liste elettorali alle ultime elezioni, ma il mondo «democratico» continua a fare la guerra a chi non si adegua e vuol far passare un messaggio diverso. Sorprendente come non vengano disattivate le pagine di chi, stando a sinistra, continua ogni giorno a diffondere odio nei confronti dei partiti e di chi si definisce di centrodestra.

«Non ho letto il contenuto del ricorso - spiega l'avvocato di CasaPound Guido Colaiacovo - ma difenderemo l'ordinanza che a noi pare ben argomentata sia dal punto di vista fattuale che delle argomentazioni giuridiche.

Quel che è certo è che replicheremo punto su punto».

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