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"Fake news sulla destra Istituzioni mobilitate per qualche voto in più"

Marcello Veneziani: "Scambiano la stupidità per eversione. Lo scopo? Criminalizzare un'area"

"Fake news sulla destra Istituzioni mobilitate per qualche voto in più"

Marcello Veneziani: giornalista, polemista, scrittore. Un intellettuale che incrocia la storia del Paese Italia sull'asse destra-sinistra da quasi quarant'anni, fra articoli, libri, convegni e televisione.

Lei conosce bene le battaglie ideologiche tra Destra e Sinistra. Mai, come nell'ultimissimo periodo, si è parlato tanto di fascismo. C'è davvero un ritorno della destra oltranzista in Italia?

«Credo proprio di no. Se guardiamo indietro, ai 70 anni di storia repubblicana, ci accorgiamo che la presenza di gruppi oltranzisti c'è sempre stata. Come ci sono sempre stati piccoli e a volte persino più grandi episodi simbolici in questo senso. Ho conosciuto in passato violenze incrociate, fra fascisti e comunisti, anche più dure. Ora, invece, vedo un uso ingigantito di piccoli fatti che appartengono più alla stupidità che all'eversione. È incredibile vedere la mobilitazione delle istituzioni per episodi poco più che folkloristici».

Si sente gridare alto l'allarme: «Sono tornati i fascisti!».

«Gridare al ritorno del fascismo per quattro militanti di Forza Nuova che manifestano sotto la sede di Repubblica sarebbe come stigmatizzare il ritorno dell'anarco-comunismo per la bomba messa davanti alla caserma dei carabinieri di San Giovanni a Roma. Una fake news surrettizia per agitare un fantasma politico e criminalizzare una precisa area politica».

Quindi il blitz del gruppetto di neofascisti con bandiere e fumogeni sotto la redazione di Repubblica è una pagliacciata?

«Non è una pagliacciata ma neanche un pericolo. È una manifestazione improvvida e sbagliata nella quale però non vedo una paura fascista. Ed è proprio la marginalità di questi episodi che fa capire quanto siano irrilevanti. Semmai, offrono a Repubblica l'occasione di allestire una grande campagna giornalistica, e al sindaco Raggi quella di provare a recuperare un filo di visibilità sui media dopo i disastri che sta facendo a livello amministrativo a Roma».

Tu vedi anche un fine elettorale, da parte della Sinistra, nel strumentalizzare tali episodi?

«Vedo due fini. Uno elettorale, che guarda all'imminente scadenza politica: si grida al pericolo fascista per cercare di portare a casa qualche voto in più. E uno politico-culturale: si mette in guardia dal neofascismo per alimentare la censura che da un po' di tempo vedo crescere sui social».

Che tipo di censura?

«Ad esempio nei confronti di testi ritenuti non adatti o non omogenei al politicamente corretto. Faccio un caso personale. Io cinque-sei giorni fa sul Tempo ho scritto un articolo proprio sulla rinascita del pericolo non fascista ma farsista, come lo chiamo. Bene, l'ho postato su Facebook ma è stato rimosso perché il contenuto è stato ritenuto non adatto al pubblico».

Ritenuto da chi?

«Non si è capito bene, qualche misterioso algoritmo. Eppure a rileggerlo, il pezzo è una pura analisi critica di questa patologia, o meglio paranoia, che ha colpito il Paese. Episodi come quello di Forza Nuova a Roma da una parte, o quello della sfilata partigiana contro l'intolleranza a Como, servono ad alimentare questa gran cassa - o meglio Inquisizione - mediatica».

Gira la battuta: quello che Renzi distrugge, cioè l'unità della sinistra, l'antifascismo riunisce. Separati su tutto, si ricompattano cantando Bella ciao.

«L'ho pensato anch'io. La sinistra oggi è divisa su tutto ciò che riguarda l'attualità, i temi sociali ed economici. Ma deve rincorrere a eventi di 70 anni fa per trovare un'unità tra tutte le correnti che la frantumano. A dimostrazione che l'unico collante della sinistra in Italia rimane l'odio: che a volte è antifascista, altre antiberlusconiano, prima fu anticraxiano, oggi antirenziano. Gridare al pericolo neofascista serve per ritrovare una ragione che metta insieme più sinistre che si detestano. E che altrimenti si scannerebbero».

Anche la legge Fiano serve a tutto ciò?

«La legge Fiano è concepita nello stesso ambito. Ma gli unici effetti per ora sono stati, da un parte, l'impennata nella vendita dei gadget mussoliniani, e, dall'altra, la ridicolizzazione di un momento storico importante del nostro Paese».

In che senso?

«Nel senso che se io ritengo essere reato il raccogliere oggetti del periodo fascista - una cosa che non ha alcuna connotazione politica e meno che meno eversiva, essendo puro collezionismo - allora rischio di buttare in ridicolo una storia, quella del vero antifascismo, che merita tutto il nostro rispetto. Facendo così, ancora una volta si assiste al ritorno come farsa di quello che è fu una tragedia. Con un rischio reale, poi».

Quale?

«Quello di spaccare il Paese. Periodicamente, quando la Sinistra è in difficoltà, bandisce crociate come questa, contro un mostro più presunto che reale. E qualcuno alla fine ci casca. È una legge mediatica che non perdona. A forza di gridare Al lupo, al lupo, qualche lupacchiotto spelacchiato arriva. E può capitare che un demente o un gruppetto di ragazzi per i quali fino a ieri il massimo della trasgressione era fare saluto romano, vista la visibilità concessa a tali eventi, si senta chiamato dalla Storia a lasciare un segno...

».

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