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Quel fallimento chiamato Rai renziana

La riforma assegna troppi poteri discrezionali all'amministratore delegato e svuota il ruolo del cda

Quel fallimento chiamato Rai renziana

Cosa ha da dire l'amministratore delegato e direttore generale della Rai su certe assunzioni esterne fatte senza coinvolgere il cda di Viale Mazzini? Ecco perché, dopo i rilievi mossi da Raffaele Cantone, capo dell'Autorità anticorruzione, noi consiglieri, senza alcuna distinzione e in sintonia, abbiamo sollecitato una riunione d'urgenza che è stata convocata per dopodomani: chiediamo che Antonio Campo dall'Orto riferisca sulle scelte fatte e, in particolare, sull'assunzione del capo della sicurezza, dove sembra esserci un conflitto d'interessi. Sono convinto che la tv di Stato, proprio perché servizio pubblico, debba offrire agli italiani un'immagine di assoluta trasparenza e sobrietà e non solo sugli stipendi dei vertici. Mi sembra invece che questa trasparenza tante volte invocata si sia dimostrata, in troppi casi, soltanto un'utopia. Senza contare che sono state privilegiate professionalità esterne finendo, così, per sacrificare ingiustamente le risorse che sono già dentro la Rai. Dopo un primo periodo di verifica, ritengo quindi sbagliata la legge di riforma: assegna troppi poteri discrezionali all'amministratore delegato e svuota, nel contempo, il ruolo del cda che dovrebbe, invece, essere il vero garante di mamma Rai. Tornando agli stipendi, proprio il consiglio d'amministrazione, l'altro giorno, ha superato il Palazzo sul filo di lana. Mentre, infatti, il Senato approvava l'emendamento che torna a fissare il tetto dei 240mila euro annui per le retribuzioni, il vertice del cavallo di Viale Mazzini, che qualcuno considera sempre più agonizzante, ha ugualmente deliberato un analogo limite: non si comprende, comunque, per quali motivi siano state disattese dall'ente disposizioni già varate dal Parlamento in passato. Ci sono poi i cosiddetti casi anomali, cioè quelli di manager e giornalisti in parcheggio che continuano a percepire lauti stipendi. Dei cinquanta dirigenti in panchina, ha ora assicurato Campo Dall'Orto, è stata trovata una soluzione per 37 e presto ci dovrebbe essere un accordo anche per gli altri 13. Speriamo. Un altro problema particolarmente rilevante, anche se tutti (o quasi) continuano a fare finta che non esista, riguarda i «cachet» degli artisti o presunti tali. Per loro si parla, infatti, di ingaggi talvolta astronomici alla faccia della trasparenza che oggi, con il canone in bolletta, appare ancora più necessaria: se ci impegniamo tanto contro l'evasione degli abbonati, a maggior ragione dobbiamo combattere lo spreco di risorse pubbliche. Ai consiglieri che hanno chiesto l'entità di certi ingaggi, è stato risposto che tali compensi non possono essere resi noti perché c'è di mezzo la concorrenza con le altre emittenti televisive. A parte il fatto che lo stesso discorso dovrebbe valere, allora, anche per tutti gli altri dirigenti Rai, il problema sul tappeto è un altro: come servizio pubblico, l'ente è obbligato a rendere conto al centesimo su come vengono impiegati i soldi degli italiani. L'altro giorno facevo proprio questa considerazione mentre, in cda, ascoltavo l'audizione di Carlo Conti che è, da pochi mesi, anche direttore artistico di Radio Rai. Premetto che lo «showman» fiorentino (le solite coincidenze) mi è molto simpatico: lo considero un bravissimo artista e cominciano già a vedersi i risultati del suo lavoro per migliorare la qualità dei servizi radiofonici considerati da anni una specie di cenerentola. Tanto di cappello, dunque, a Conti, ma mi chiedo quanto riesca ad incamerare tra radio, tv e pure Sanremo dove è, ormai, intoccabile. Anche se davvero vale tanto oro quanto pesa, perché non possiamo sapere che cosa effettivamente porta a casa? E, con lui, quanto guadagnano quegli artisti, magari già in disarmo, che lavorano in Rai? In viale Mazzini non debbono più esserci stipendi di serie A top secret e altri di serie B alla luce del sole. Se ci deve essere trasparenza, è indispensabile la massima chiarezza su tutti gli emolumenti di coloro che gravitano nell'orbita del servizio pubblico, a cominciare dai vertici.

E, a proposito di Conti, visto che gli altri non parlano, vorrei che facesse lui outing sui suoi compensi: sarebbe davvero un bell'esempio per i suoi colleghi artisti. Chiedo troppo?

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