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Fallimento gialloverde: Italia alla deriva in Ue su crescita e lavoro

Mentre il Pil frena, i disoccupati aumentano Zero infrastrutture e tasse sempre più esose

Fallimento gialloverde: Italia alla deriva in Ue su crescita e lavoro

Votare per il declino o cercare l'inversione di tendenza? Questo è il dilemma con cui gli italiani dovranno confrontarsi nella cabina elettorale. Le elezioni europee, infatti, sono un test dell'affidabilità delle politiche macroeconomiche dell'attuale governo gialloverde. Abbiamo cercato, quindi, di affrontare alcuni temi sulla base delle previsioni di primavera della Commissione Ue, dei dati Eurostat, Bce, Istat e Banca d'Italia. Il nostro Paese continua a essere malato. Di Maio e Salvini, anzi, hanno anche peggiorato la situazione.

CRESCITA ZERO

È il biglietto da visita dello Stivale: il Pil è fermo. Secondo Bruxelles, quest'anno dovrebbe crescere dello 0,1% rispetto al 2018. Ma anche se dovesse andare meglio, come prevede l'Istat (+0,3%), il quadro resterebbe immutato: siamo ultimi tra i 28 Paesi Ue. La media dell'Unione dovrebbe attestarsi al +1,4%, la differenza è abissale. Ci sono diversi fattori che contribuiscono ad ampliare questo solco: il principale è la carenza degli investimenti sia pubblici che privati. Nel 2019 dovrebbero diminuire dello 0,3%, a fronte di un +2,1% dell'Ue. La crescita, perciò, è tutta sulle spalle della domanda interna (cioè dei consumi) e dell'export che, però, rischia di contrarsi tanto per la frenata tedesca quanto per la guerra dei dazi Usa-Cina.

TANTA SPESA, POCA SOSTANZA

L'Italia rappresenta un motivo di preoccupazione per i nostri partner comunitari perché è totalmente al di fuori dei parametri concordati su deficit e debito. Anche se il Trattato di Maastricht non è il Vangelo e i suoi effetti sull'economia del Vecchio Continente non sempre si sono rivelati positivi, è altrettanto vero che non ci si può presentare al Consiglio Ue con un debito/Pil che quest'anno veleggia verso quota 133,7%, mentre gli altri 27 complessivamente rispettano l'80% prefissato. La sostenibilità del passivo è, inoltre, messa in dubbio da un deficit inutile in quanto, come abbiamo visto, non sostiene la crescita. Quest'anno è atteso al 2,5% (2,4% secondo il Def del premier Conte e del ministro Tria) e l'anno prossimo sfonderà il 3% se non si disinnescheranno le clausole di salvaguardia da 23,1 miliardi con entrate certe. Insomma, l'Italia è un Paese che con i gialloverdi ha continuato a spendere più di quanto guadagna senza crescere. Nel 2018 la spesa pubblica sul Pil ha totalizzato una quota monstre del 45,5% a fronte di una media Ue del 41,6 per cento. E il 2019 non promette certo meglio viste le elargizioni del reddito di cittadinanza e di quota 100.

IMPRODUTTIVI E IMPOVERITI

Il sussidio pentastellato e la sclerotizzazione del mercato del lavoro a causa del decreto Dignità, ieri addirittura festeggiata da Di Maio, producono due effetti distorsivi. Da una parte, come abbiamo visto, si aumenta sproporzionatamente il deficit, dall'altro lato per accedere al beneficio si esce dalla zona d'ombra per autodenunciarsi come in cerca di lavoro. Ecco perché nel 2019 il tasso di disoccupazione tornerà a salire al 10,9% (10,8% per l'Istat) dal 10,6% dell'anno scorso. In Europa la media dovrebbe attestarsi al 6,5% con un tasso di occupazione del 62,5%, più elevato di oltre 3,5 punti della media italiana. E nonostante i posti di lavoro non aumentino la produttività resta piatta (+0,2% contro il +0,5% atteso nell'Ue). Paradosso nel paradosso: il potere d'acquisito diminuisce. Nel periodo 2008-2018 in Italia si è contratto del 7,9% a fronte di un incremento del 5,3% nei Paesi dell'Unione. Questo potrebbe far pensare che la colpa sia dell'Europa che ha compresso i fattori della produzione scaricando sul lavoro le disfunzioni generate da un tasso di cambio fisso. L'euro non è il migliore dei mondi possibili, tutt'altro, però le retribuzioni hanno comunque continuato a crescere. Tant'è vero che la produttività, che è inversamente proporzionale, ristagna. Cosa non ha funzionato? L'aumento delle tasse su alcool, tabacchi e altri beni di prima necessità ha eroso i salari. E, poiché, anche i gialloverdi hanno toccato questo tasto, ne sono corresponsabili.

TASSE, IL CIRCOLO VIZIOSO

Se guardiamo al 2018 l'Italia ha registrato una pressione fiscale (esclusivamente sui redditi del 47,2%) sulle persone fisiche e del 27,8% sulle imprese a fronte rispettivamente del 39% e del 22% della media Ue. le stangate sono necessarie per finanziare parzialmente il deficit. Ma questo produce stagnazione: si fermano gli investimenti e i consumi crescono meno di quanto potrebbero. È così che a marzo scorso i finanziamenti alle imprese hanno segnato un calo dello 0,7% annuo (+3,5% nell'area euro).

Nell'urna conta anche questo.

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