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Una famiglia su 20 non riesce a pagare mutui e affitti

Una famiglia su 20 non riesce a pagare mutui e affitti

Roma - Il 5,4% delle famiglie in Italia nel 2015 ha denunciato difficoltà nel pagamento delle rate dell'affitto o del mutuo. Si tratta del peggior dato dall'inizio della rilevazione Istat sulle condizioni di vita degli italiani nel 2004 e di ben due punti percentuali più elevato rispetto al 2005 (3,4%), anno nel quale molti nuclei iniziarono a beneficiare del deciso taglio Irpef deciso dal governo Berlusconi. Oggi, invece, circa il 60% delle famiglie ritiene «pesante il carico delle spese» da versare alla banca o al proprietario della casa in cui si vive.

In particolare, l'area con il maggior tasso di famiglie in sofferenza è il Sud: il 6,9% fatica a pagare l'affitto al proprietario di casa o il mutuo alla banca. Debitori più puntuali invece al Nord, specialmente al Nord Est (4,7%) e al Centro (4,9%). La differenza la fa anche l'età: tra gli under 35 la percentuale si alza notevolmente (12% a fronte dell'1,5% degli over 65). Ad accumulare meno ritardi sono infatti i pensionati (1,4%), mentre i disoccupati hanno ovviamente maggiori difficoltà (18,9%). L'esborso per l'alloggio rappresenta una delle principali voci di spesa: il costo medio di un mutuo è di 586 euro mensili, quello di un affitto 431 euro. Per il 59,8% di chi ha stipulato un contratto di locazione e per il 58,8% di chi ha sottoscritto un finanziamento ipotecario questo tipo di spesa è considerato «un carico pesante».

Da non trascurare anche il dato sulla difficoltà a onorare le scadenze delle bollette: il 12% delle famiglie italiane non ce la fa: al Centro è una su 10, al Sud e nelle Isole quasi una su cinque. In alcuni periodi dell'anno alcuni nuclei famigliari non hanno soldi per acquistare l'abbigliamento necessario (16%), per fare fronte a malattie (11,7%), per pagare le tasse (13,5%), ma anche per i trasporti (8,8%) o per mangiare (8,3%). Non sorprende perciò che il 71,6% delle famiglie consideri il risparmio «una missione impossibile», record dall'inizio della rilevazione.

D'altronde, tra il 2010 e il 2015, ha ricordato la Cgia di Mestre, gli italiani hanno subito una stangata da 30 miliardi di euro, causata da un incremento del 6,3% delle tasse versate allo Stato (Irpef, Ires, Iva) e dell'8,1% di quelle locali (Ici-Imu, Tasi, addizionali Irpef, Irap). Il Pil nominale, invece, è cresciuto solo del 2,4 per cento. Come ha sottolineato il coordinatore dell'Ufficio studi degli artigiani mestrini, Paolo Zabeo, «tutto questo ha provocato un aumento dell'esclusione sociale e della disoccupazione».

L'impennata degli indici di disagio economico, che si riverberano soprattutto sui consumi, nasce da qui.

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