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"Famiglie più ricche". Il taglio alle tasse funziona

I dati Istat promuovono il governo: il reddito degli italiani nel 2023 è aumentato dell'1,8%. Cala ancora l'inflazione

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Gli italiani sono un po' più ricchi dell'anno scorso. A certificarlo è l'Istat nel suo consueto Conto trimestrale delle amministrazioni pubbliche diffuso venerdì. Una carrellata di numeri inequivocabili che manda segnali incoraggianti sullo stato dell'economia del Paese e conferma le previsioni del ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti. Il reddito delle famiglie italiane nell'ultimo trimestre del 2023 è aumentato dell'1,8% rispetto ai tre mesi precedenti, così come sono cresciuti i consumi (+1,2%) e la propensione al risparmio (+0,6%).

Il potere d'acquisto sale di 1,3 punti percentuali, dato, questo, favorito anche dalla riduzione della pressione fiscale, nel frattempo arrivata al 41,2% (-0,2% su base annua). Grazie alle nuove aliquote sulle persone fisiche, gli italiani si ritroveranno più soldi in tasca. Lo aveva anticipato già Giorgetti in audizione sulla Nadef: con la rimodulazione dell'Irpef da un lato e il taglio del cuneo fiscale del 6 e del 7% dall'altro, si ricava un «tesoretto» in busta paga. La riforma fiscale approvata nell'ultima legge di bilancio, sulla scia della riduzione da cinque a quattro scaglioni voluta come ultimo atto dall'esecutivo Draghi, è strutturata con una no tax area fino a 8.500 euro e a seguire con la tassazione più bassa al 23% ora estesa ai redditi non superiori ai 28mila euro, e non più 15mila come in passato. Un accorpamento delle aliquote che va incontro soprattutto ai salari medio-bassi. «Il potere d'acquisto osserva l'Istituto nazionale di statistica delle famiglie, dopo la brusca caduta del quarto trimestre 2022, prosegue la ripresa. Tale ripresa, iniziata nel primo trimestre 2023, era stata interrotta dalla lieve flessione del trimestre successivo; la stessa dinamica si osserva per la propensione al risparmio, che tuttavia rimane molto al di sotto dei livelli pre-Covid».

L'indagine prosegue poi con un'analisi sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione in rapporto al Pil, che segna -5,0%. Per quanto riguarda le società finanziarie, la quota di profitto che ammonta al 42,5% si è compressa di 0,7 punti. Segno negativo anche per il loro tasso di investimento (22,2%), ristrettosi dello 0,4%.

L'istituto conclude la sua periodica disamina con le stime preliminari sui prezzi. Continua il calo dell'inflazione, un risultato prodotto però più dalle congiunture positive nel settore energetico che altro. La flessione dello 0,6% su base annua a dicembre 2023 un anno fa si registrava l'11,6% è legata infatti alla situazione nel mercato dell'energia, dove si è passati da un incremento dei prezzi pari al 50,9% all'attuale +1,2%.

Leggero aumento invece per i beni alimentari. «I prezzi nel comparto alimentare spiega l'Istat evidenziano un'accelerazione della crescita media annua (+9,8%, da +8,8% del 2022), nonostante l'attenuazione della loro dinamica tendenziale, evidenziata nella seconda metà dell'anno».

L'Italia va comunque in controtendenza rispetto al resto d'Europa, dove, secondo l'ultimo report Eurostat pubblicato proprio ieri, il carovita è tornato a risalire dopo sei mesi di calo costante nell'Eurozona.

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