«Se fossi arrivato sul ponte due minuti prima adesso non ci sarei più. Ma se è venuto giù questo ponte allora potrebbe venire giù anche la Tour Eiffel. Non possiamo più fidarci di nulla a questo mondo?». Incredulità e insicurezza sono i sentimenti che accomunano i parenti delle vittime, gli scampati, i traumatizzati che vengono accolti al Policlinico San Martino di Genova. Gabriella Biffa, direttrice dell'unità operativa di psicologia clinica, coordina gli psicologi e ammette: «Ho seguito il G8 e l'alluvione in città ma qui c'è qualcosa che va oltre gli eventi umani. Un ponte che crolla fa parte delle peggiori fantasie di tipo primordiale. E anche noi siamo molto provati».
Cosa vi ha colpito di più in queste ore?
«Lo strazio dei genitori di quei due bambini morti. E il dolore di tutti i parenti delle vittime. Arrivano qui affannati e disperati, urlano: dov'è, dov'è, lo voglio vedere...».
Può avvenire il riconoscimento?
«I corpi sono spesso mutilati, non si possono esporre. Ma abbiamo cercato di favorire e al massimo un'assistenza personalizzata».
Come hanno reagito queste persone davanti a un evento così straordinario?
«Molti erano in stato di choc, altri manifestavano la loro disperazione e qualcuno era praticamente paralizzato. E quello che noi chiamiamo freezing, un congelamento dell'emozione, una difesa del cervello per evitare di stare troppo male».
Meglio urlare o ammutolirsi?
«Siamo tutti diversi. E la reazione migliore è quella più funzionale alla persona. Certo che servirà a tutti il supporto psicologico e sarà una cosa lunga».
Come si può superare il trauma?
«La prima regola che va applicata è non negare la realtà che hanno vissuto. E anche quelli che sembra abbiano già assorbito il colpo prima o poi avvertiranno grande disagio. Ogni persona coinvolta dovrà avere il tempo di elaborare, ma questa tragedia è così assurda che servirà un lungo percorso psicologico».
E gli scampati come hanno reagito?
«Raccontavano continuamente la loro incredulità: bastava un attimo prima e sarei caduto... I loro stati emotivi erano i più disparati perché il ponte che gli crolla sotto il naso è un evento che supera qualsiasi immaginario».
C'è qualcuno che si sente in colpa di essere vivo?
«Piuttosto si sono sentiti traditi da quel ponte e vivono fortemente la sensazione di scampato pericolo ma anche di precarietà della vita».
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