Cultura e Spettacoli

Fantastichini morto di leucemia. Una vita con "Saturno contro"

Cinema e tv sotto choc per l'attore stroncato a 63 anni. Eclettico e amatissimo, vinse il David per "Mine vaganti"

Fantastichini morto di leucemia. Una vita con "Saturno contro"

Dietro a quei lineamenti popolari, molto marcati e quasi neorealisti, Ennio Fantastichini aveva i tratti dell'attore di razza, quello che sa scendere nella parte più sbracata portandovi una classe innata e trasformando ogni ruolo in un piccolo capolavoro. Se ne è andato ieri, dopo una sofferenza fulminea e pazzesca, conservando fino all'ultimo quell'autoironia che tutti gli hanno sempre riconosciuto e che forse lo ha aiutato anche negli ultimi giorni prima che la leucemia gli togliesse la vita.

La recitazione, dopotutto, era la sua scintilla, che si è accesa quand'era un quindicenne imberbe e da subito non ha avuto mezze misure, perché il suo esordio, giovanissimo a teatro, fu tra le righe di un copione di Samuel Beckett. Da lì, dopo i primi applausi, ha seguito la strada del talento, passando dall'Accademia d'arte drammatica Silvio D'Amico e poi andando in scena sempre senza compromessi, mettendoci tutto, «diventando» il ruolo, vestendolo fino a farlo proprio. Tanto cinema, un po' di teatro, molta televisione. Neanche tanto tempo fa, aveva interpretato Re Lear per Giorgio Barberio Corsetti all'Argentina di Roma spiegando che «quello di Re Lear è disinteresse per il potere e interesse solo per quello che gli piace fare». Una sorta di manifesto della sua carriera.

A dispetto dell'enorme influenza che ha avuto, Ennio Fantastichini è sempre rimasto un passo dietro la popolarità un tanto al chilo, quella conquistata a colpi di paparazzate o di dichiarazioni a effetto. Era, questo viterbese dallo sguardo duro, un cavallo di razza, quindi incatalogabile e libero per definizione. Aveva ventisette anni quando esordì al cinema (Fuori dal giorno) e poi subito, uno dietro l'altro, ecco film e attori importanti come Gassman e Mastroianni in I soliti ignoti vent'anni dopo o Laura Morante e Mario Adorf nei Ragazzi di via Panisperna di Gianni Amelio. Da lì, una sequenza di premi: Ciak d'Oro e Nastro d'Argento per lo splendido Porte aperte, sempre di Gianni Amelio, e nomination ai David di Donatello 1996 con Ferie d'agosto di Paolo Virzì, film di straripante attualità politica ancora oggi. Per capirci, all'intellettuale di sinistra Silvio Orlando, suo deuteragonista in un vacanziero confronto ideologico, arriva a dire che «la verità è che nun ce state più a capì un cazzo... ma da mo'» che, mutatis mutandis, è una sorta di «cagata pazzesca» detta della Corazzata Potëmkin da Fantozzi vent'anni prima.

Corsi, ricorsi e ricordi. Con quel viso un po' così, e quella recitazione asciutta e turbinosa, Fantastichini ricordava gli attori anni '50 e '60, quelli con i cappotti grigi e spessi dei film di Pietro Germi, che avevano la battuta essenziale, spesso decisiva. Gli toccavano, insomma, le cosiddette «battute valvola», quelle intorno alle quali gira un film. In Saturno contro di Ferzan Ozpetek (che lo ha diretto anche in Mine vaganti che gli valse il David di Donatello come miglior attore non protagonista) e che ieri ha avuto parole di grande dolore) dice un «no, sono frocio» a chi gli chiede se è gay, che è una gigantesca, orgogliosa rivendicazione. E nel recentissimo film tv Principe libero è un Giuseppe De André, ricco e borghesissimamente duro, che si confronta con il figlio Fabrizio condizionandogli la vita e scatenandogli l'arte. Sarà per questo che quasi tutti i grandi registi italiani, dal Citto Maselli di Le ombre rosse del 2009 a Marco Risi di Fortapàsc, lo hanno cercato per i ruoli che contano. E così la televisione che, da Un cane sciolto di Capitani nel 1990, in quasi trent'anni lo ha voluto nei ruoli che riuscissero ad arrivare al cuore senza sembrare troppo stucchevoli o piacioni. Paolo Borsellino, di Tavarelli. Sacco e Vanzetti, di Costa. Karol di Giacomo Battiato. E Squadra Antimafia del 2016.

Sognando di recitare Shakespeare, Fantastichini è rimasto giovane fino alla fine e difatti fino all'ultimo ha continuato a sperare che «invecchiando aumentasse l'autostima: ma non è così. Da giovani si ha diritto di sbagliare. Alla mia età non è più concesso».

Al destino invece è consentito di essere spietati e di togliere all'improvviso dai riflettori uno dei più grandi attori degli ultimi decenni.

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