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A Peschiera è far west. Ma i 5S rilanciano la cittadinanza agli immigrati

La maxi rissa tra gang con annesse molestie e devastazioni varie è servita come pretesto per riaccendere il dibattito sulla cittadinanza italiana. Ma ciò che manca davvero è la sicurezza

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Sinistra e grillini non hanno solo problemi di priorità ma anche di tempismo. Dopo la rissa tra due mega-gang di stranieri che hanno messo a ferro e fuoco Peschiera del Garda, anziché accendersi un dibattito, serio, sulla sicurezza, si è colta di nuovo la palla al balzo per riproporre le vecchie battaglie sull'elargizione della cittadinanza italiana.

Come se la criminalità fosse un fatto di passaporto, le scioccanti frasi pronunciate da alcuni dei ragazzi coinvolti nelle risse e nelle molestie sono state utilizzate dal mondo progressista per ribaltare la realtà: per loro, più crimini vuol dire più empatia. Immancabili allora le proposte sullo ius soli che, se dovesse riuscire prima o poi a passare, per sfinimento, non sarebbe certo utile a prevenire il fenomeno delle gang, bensì concederebbe solo lo status di cittadino non a chi lo merita e in fin dei conti nemmeno lo vuole, vista l'ostilità dimostrata nei confronti del nostro Paese.

Se un marziano all'oscuro di tutto leggesse Repubblica di oggi, infatti, non potrebbe non avere la sensazione che i fatti di Peschiera siano totalmente capovolti, con i facinorosi in realtà "vittime" di rabbia, isolamento sociale, emarginazione. Ecco allora, come rimedio, la riforma della cittadinanza, tornata tra le priorità assolute della sinistra, anche se nel dibattito lo ius soli sembra aver lasciato spazio allo ius scholae. Giuseppe Conte ha ribadito che si tratta di un caposaldo della loro agenda e, dopo che il 9 marzo la Commissione Affari Costituzionali alla Camera ha dato parere favorevole al testo presentato dal pentastellato Giuseppe Brescia, arriverà in discussione alla Camera il 24 giugno.

Lo ius scholae prevede che possa fare richiesta per la cittadinanza chi sia arrivato in Italia prima del compimento dei 12 anni di età e che porti a termine con successo un percorso scolastico di 5 anni. Una nuova proposta che per la verità raccoglie il favore anche di altri partiti e che sarebbe finalizzata a permettere a tanti bambini nati e cresciuti in Italia di ottenere la cittadinanza con più facilità rispetto all’attuale trafila burocratica. Il testo che arriverà in Parlamento (e che inizierà un iter lunghissimo che come visto col Ddl Zan potrebbe concludersi anche con un nulla di fatto) andrebbe a sostituire le leggi che attualmente regolano il diritto alla cittadinanza e che dipendono principalmente dal cosiddetto ius sanguinis. Se uno dei due genitori è già cittadino italiano, i loro figli possono acquisire il diritto alla cittadinanza se risiedono legalmente ed ininterrottamente fino ai 18 anni in Italia, a condizione che la richiesta venga presentata entro un anno dal compimento della maggiore età.

Più che il testo in sé, comunque, è il contesto a perplimere.

Siamo certi che una riforma delle norme per ottenere la cittadinaza potrebbe impedire come per magia che non si ripetano scene da far west come quelle di Peschiera? Perché la sensazione è che le priorità siano ben altre.

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