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Farage lancia la volata a Boris Johnson. Per la Brexit e per passare all'incasso

Il leader del Brexit Party: «Nessuna candidatura nei seggi dove i Tory hanno vinto nel 2017». Il Labour: «È il piano di Trump»

Farage lancia la volata a Boris Johnson. Per la Brexit e per passare all'incasso

Mi si nota di più se mi faccio avanti o se mi tiro indietro? La volpe Nigel Farage sceglie di fare un passo indietro con l'obiettivo di farne due in avanti. Il leader del Brexit Party, l'uomo che per primo ha spinto il Regno Unito verso l'addio alla Ue chiedendo il referendum, sceglie la sua strategia per le prossime elezioni del 12 dicembre, che dovrebbero decidere una volta per tutte cosa ne sarà del divorzio tra Londra e Bruxelles. Farage annuncia - rimangiandosi le parole di qualche settimana fa - che non presenterà i suoi candidati nelle oltre 600 circoscrizioni in ballo ed eviterà che i suoi uomini si candidino nelle 317 in cui il Partito conservatore vinse nel 2017, quando si confermò primo partito ma perse la maggioranza assoluta sotto la guida dell'ex premier Theresa May. L'annuncio è un'ottima notizia per i Tory al governo, che avrebbero rischiato di arretrare di fronte alla concorrenza sulla Brexit del partito fondato dall'ex broker della City. E anche i mercati festeggiano la prospettiva di maggiore stabilità, con la sterlina ai massimi da maggio. Farage finge di immolarsi, dichiarando di voler mettere «l'interesse del Paese davanti a quello del partito». Ma la mossa - spiega - garantirà che le elezioni non si chiudano con un hung parliament (un Parlamento senza chiara maggioranza, ndr) o con un secondo referendum», un serio rischio pronosticato dai sondaggi. L'intento è chiaro, esplicitato da Mister Brexit: fare in modo che l'uscita sia portata a compimento da Boris Johnson, dopo che domenica il primo ministro ha detto di non voler estendere il periodo di transizione oltre il 2020 e di voler cercare con la Ue un accordo di libero scambio sul modello dell'intesa raggiunta tra Ue e Canada». Perciò - spiega Farage - «metteremo nel mirino i deputati laburisti e liberaldemocratici per avere una voce in Parlamento in modo che il primo ministro mantenga le sue promesse». Il piano è evidente. Non osteggiare i Conservatori, come avrebbe potuto, e puntare a fermare sia il Labour di Jeremy Corbyn che i LibDem, il partito anti-Brexit, fresco reduce da un patto con i Verdi e il partito gallese Plaid Cymru per annullare la Brexit. Non a caso Johnson plaude, dando il benvenuto alla svolta di Farage e all'ammissione che «un altro Parlamento paralizzato, senza maggioranza, è la più grande minaccia alla realizzazione della Brexit». «I Conservatori hanno bisogno di altri 9 seggi per avere una maggioranza e lasciare la Ue alla fine di gennaio con un accordo», come previsto dall'ultima proroga, con l'uscita fissata il 31 gennaio.

Farage insiste precisando che la sua è una mossa unilaterale, che dietro le quinte non è stata concordata alcuna strategia con il Partito conservatore. Ma i Laburisti non ne sono affatto convinti e puntano il dito contro colui che considerano il deus ex machina della svolta, il presidente Usa: «La settimana scorsa Donald Trump ha detto a Farage di fare un patto con Johnson. E oggi Trump ha visto realizzare il suo desiderio - tuona Corbyn, temendo che gli Usa aspettino la Brexit per entrare nel business della sanità inglese - Questa alleanza è Thatcherismo all'ennesima potenza. Va fermata».

Ma la volpe Farage ha studiato gli scenari con la solita astuzia. Nonostante la desistenza in 317 seggi, la candidatura del Brexit Party nelle altre circoscrizioni potrebbe ancora danneggiare i Tory, che rischiano comunque di ritrovarsi senza una maggioranza netta. Alla fine il Brexit Party potrebbe fare da stampella a un eventuale governo conservatore, come gli Unionisti nordirlandesi del Dup lo sono stati finora. E Farage passerebbe all'incasso. Mister Brexit non intende fare da spettatore. Anche se, dopo l'annuncio, tira fuori il retroscena appetitoso: venerdì scorso Johnson gli avrebbe offerto un seggio alla Camera dei Lord (dove si entra per nomina). Lui avrebbe risposto di no: «Ridicolo.

Nessuno può comprarmi».

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