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La farsa dei vitalizi cancellati ai parlamentari condannati

Grasso e Boldrini cantano vittoria, ma il taglio è parziale e verrà deciso caso per caso. Forza Italia: "Serve una legge, così si rischia lo stop della Consulta"

La farsa dei vitalizi cancellati ai parlamentari condannati

Più che un taglio è un taglietto, una sfumatura, una potatura timida, parziale e pure esposta a una possibile bocciatura da parte della Consulta. Ma la sforbiciata ai vitalizi dei parlamentari condannati, decisa in via amministrativa dall'ufficio di presidenza della Camera e poi, ore di discussione dopo, da quello del Senato, consente a Laura Boldrini di parlare di «segnale forte di moralizzazione». A favore Pd, Sel, Scelta civica, Fdi e anche la Lega, che chiedeva «maggiore coraggio». Contro gli altri. Per Beppe Grillo c'è stato «un inghippo: i partiti hanno approvato un salvacondotto che legittima la concessione degli assegni d'oro a quasi tutti». Per Forza Italia invece «serviva una legge» vera, non una semplice delibera.

Gli onorevoli condannati a più di due anni di reclusione perderanno dunque la pensione. I reati compresi sono mafia, terrorismo e quelli contro la Pubblica amministrazione. Non tutti. C'è il peculato, la concussione, la violazione del segreto d'ufficio, ma non l'abuso d'ufficio, cioè il più praticato. Per i reati minori invece, perché scatti la cessazione dell'erogazione, occorre che vi sia stata una «condanna definitiva con pene superiori a due anni di reclusione per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a sei anni».

Inoltre, in linea con la legge Severino, le disposizioni previste non si applicano in caso di riabilitazione del condannato. Scampano dalla tagliola quindi tutti coloro che hanno scontato la pena accessoria dell'interdizione dei pubblici uffici. E comunque, chi si è visto togliere il vitalizio, lo riavrà nel momento in cui scatterà la riabilitazione. Salve pure le pensioni di reversibilità. Le misure entreranno in vigore «il sessantesimo giorno successivo alla data della sua approvazione», quindi non prima di luglio. Camera e Senato svolgeranno «degli accertamenti» caso per caso sulla sussistenza delle condizioni previste. Le norme però, viene specificato nel testo, non sono retroattive. Dunque, per i deputati e i senatori «cessati dal mandato e già condannati in via definitiva», lo stop ai vitalizi «decorre dal momento dell'entrata in vigore della delibera».

Un tema caldo da mesi, che ha subito un'accelerazione nei giorni scorsi, quando i presidenti delle Camere hanno accolto una delegazione di Libera e del Gruppo Abele con mezzo milione di firme contro gli assegni d'oro. «Abbiamo dato un segnale forte ai cittadini», commenta adesso Pietro Grasso. E la Boldrini: «Si poteva fare di più? Intanto abbiamo iniziato a fare qualcosa».

«Non è stato fatto niente», sostiene invece M5S. «I partiti hanno organizzato la solita melina e alla fine è uscita una farsa - scrive sul suo blog Riccardo Fraccaro, segretario dell'ufficio di presidenza della Camera - il frutto marcio di un'ignobile trattativa Stato-ladri che grida vendetta». Duro pure Beppe Grillo. «Sui vitalizi, una parola che fa orrore, ci sono 250 milioni da risparmiare. Vanno tagliati e basta», dice durante un pittoresco sit-in organizzato in Piazza Montecitorio dove bacchetta i suo parlamentari: «Avete gridato onestà in Aula. Come potete dire certe cose, vi ha dato volta il cervello?...».

La Lega voleva un'abolizione totale. Per Forza Italia invece è stata votata una delibera inutile. «Un provvedimento insufficiente ed esposto ai ricorsi», dice Maurizio Gasparri.

E secondo Francesco Nitto Palma, «senza una legge si rischia la bocciatura della Consulta».

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