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Fazio abbatte gli ascolti e anche il valore degli spot

"Che tempo che fa" sotto la soglia (minima) del 14%: la pubblicità ha perso un terzo del valore economico

Fazio abbatte gli ascolti e anche il valore degli spot

Ora non ci sono più scusanti. Scendere sotto la soglia del 14 per cento di share significa la sconfitta del progetto di portare Che tempo che fa sul primo canale. E domenica sera lo show ha realizzato solo il 13,3 per cento con 3 milioni 474mila spettatori. In pratica più o meno quanto il programma otteneva quando andava in onda su Raitre. Insomma, per Fabio Fazio e per chi ha voluto l'operazione, cioè il direttore generale Mario Orfeo, si tratta di prendere atto di un fallimento. Non solo per gli obiettivi numerici non raggiunti, ma anche perché per proteggere lo show si sono svuotate Raidue e Raitre creando un danno complessivo all'azienda. Poi, ovviamente, i vertici aziendali possono anche valutare che la trasmissione abbia valore in sé al di là di tutti i risvolti negativi.

Il programma è precipitato dal 19,8 per cento di share della prima puntata al 13 dell'ultima, molto meno di quanto era stato prospettato a giugno in sede di presentazione dei palinsesti quando si ipotizzava una media del 18 per cento. A erodere spettatori a Che tempo che fa ha concorso in parte anche la nuova Arena di Massimo Giletti in onda su La7 che domenica si è portata a casa il 6,3 per cento di share con 1 milione 324mila spettatori. Certamente meno della domenica precedente quando ha sfiorato il 9 per cento grazie anche all'effetto curiosità del debutto, ma comunque sempre un ottimo dato in relazione alla media della rete di Cairo.

Per Che tempo che fa prima o poi (di solito a fine stagione pubblicitaria) bisognerà fare anche i conti con gli inserzionisti che hanno comprato gli spot sulla base di promesse non mantenute. Soprattutto in relazione ai costi dello stipendio del conduttore (8,9 milioni di euro per quattro anni) e al costo di produzione dello show. Certo, bisogna sempre considerare - come spiega chiaramente l'amministratore delegato di Rai Pubblicità Fabrizio Piscopo - «che i break pubblicitari non vengono mai venduti per singoli programmi, ma sempre inseriti in campagne pubblicitarie diversificate su più trasmissioni. Dunque non è possibile calcolare la potenziale perdita economica di Che tempo che fa, perché in ogni caso viene compensata dagli altri programmi su cui hanno investito le aziende».

Certo, però, a logica un investitore magari ci pensa due volte l'anno successivo a puntare di nuovo sullo show di Fazio. E, comunque, almeno a livello teorico, si può fare un calcolo della svalutazione che hanno subito i break all'interno di Che tempo che fa dalla prima puntata del 24 settembre a domenica scorsa.

In sostanza il valore del singolo spot, che a listino viene venduto a 90mila euro, è diminuito in media del 30 per cento. Semplicemente perché sono scesi gli spettatori che vedono la pubblicità, da un milione a 2,3 milioni in meno, a seconda degli orari. Il calcolo è basato sul rapporto tra prezzo degli spot e contatti.

In base ai dati elaborati per Il Giornale dallo studio Frasi, per esempio gli inserzionisti pagavano 17 euro ogni mille contatti nel secondo break del 24 settembre mentre l'altro ieri nel medesimo break ne pagavano 25. Nel quinto break si è passati addirittura da 19 a 35 euro, praticamente in questi minuti la pubblicità vale la metà.

In sostanza, se i singoli spot di Fazio fossero venduti singolarmente a 90mila euro, adesso varrebbero in media 60mila, ma gli inserzionisti continuerebbero a pagarli 90mila.

Non per nulla sulla questione è intervenuto duramente Michele Anzaldi, deputato del Pd e segretario della commissione di Vigilanza Rai, che sostiene che la Rai oltre al clamoroso danno di immagine, ora «dovrà risarcire gli inserzionisti concedendo gratuitamente altri spazi pubblicitari, come forma di risarcimento».

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