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"In fila al bar della stazione di Firenze per Lotti Il limite del renzismo è stato il Giglio magico"

Il mediatore Luigi Bisignani: «L'ex premier si è chiuso a Palazzo Chigi e bisognava cercare i suoi Quanta ipocrisia sul lobbismo. Tutto è relazione, Draghi com'è arrivato alla Bce?»

"In fila al bar della stazione di Firenze per Lotti Il limite del renzismo è stato il Giglio magico"

Roma «Non c'è mai stato tanto traffico sul Roma-Firenze. Al bar della stazione di Campo di Marte dove Luca Lotti si fermava a prendere il caffè quando rientrava a casa c'era la fila di gente appostata nella speranza di parlargli». Scene dal lobbismo nell'epoca Renzi, tratteggiate da Luigi Bisignani, l'uomo che sussurra ai potenti, come da titolo del suo best seller (scritto con Paolo Madron). Inseguito in passato dal solito pm Henry John Woodcock, secondo cui è una specie di nuovo Licio Gelli, scrittore di spy-story e uomo di relazioni per definizione, si presta a leggere in controluce il mondo che emerge dall'ennesima inchiesta sul potere romano e i suoi legami con la selva delle lobby e degli interessi.

Ma lei come si definisce?

«Di certo né lobbista né faccendiere. Un cardinale diceva che sono uno stimolatore di intelligenze».

Non mi dica che pure lei condanna il lobbismo?

«È un tema su cui in Italia c'è un'incredibile ipocrisia. E pensare che papa Wojtyla benedisse le lobby. Aveva ricevuto in Vaticano e ringraziato per il lavoro svolto per sottrarre il gioco d'azzardo al crimine organizzato Frank Fahrenkopf, ex presidente del Partito repubblicano e poi fondatore di una società di lobbismo».

Passaggio di ruolo ardito

«Negli Usa è normale che chi ha avuto importanti cariche politiche passi dall'altra parte della barricata dopo un periodo di cooling off, è un fenomeno regolato. Kennedy diceva che i lobbisti lo aiutavano a capire in tre minuti cose che i suoi collaboratori gli spiegavano in tre giorni».

Ma dalle inchieste emergono relazioni sotterranee, mazzette ai politici...

«Se avviene un fatto di corruzione è giusto che se ne occupi la magistratura. Ma il lavoro dei gruppi di pressione può essere fatto anche in modo legittimo. E non per forza promuovendo misure controverse. Tutto è relazione: come crede che ci sia arrivato Mario Draghi dal ministero del Tesoro a Goldman Sachs e poi fino a Bankitalia e alla presidenza della Bce? Il problema è che noi non riusciamo nemmeno a fare una legge per regolare queste relazioni, distinguere quelle personali, rendere tutto trasparente. La Boldrini ha fatto un regolamento per allontanare i lobbisti dal Transatlantico, come se al di fuori non si possano incontrare i politici. La nostra specialità è passare dal nulla a leggi iper restrittive che poi devono per forza essere eluse, come quella di Letta per imporre ai ministri di tenere un registro di chiunque incontravano. Ovviamente i ministri si sono ribellati e la legge non s'è fatta».

Ogni volta però emergono gli appetiti dei politici. Sono più sensibili al lusso o ai voti?

«Quando c'erano le preferenze, ai voti. Ora al lusso cedono tutti. Prima c'erano i partiti a mediare, ora solo piccoli gruppi di persone e una classe politica imbarbarita. E il Paese si regge sui decreti e sul Milleproroghe discusso di notte nelle commissioni».

Però ci sono movimenti che predicano l'austerità.

«I grillini? Ha visto come erano vestiti quando sono arrivati a Roma? Oggi Di Battista e Di Maio sembrano due modelli di Armani».

Insomma alle mollezze romane non si sfugge.

«Il paradosso di Renzi è che è arrivato qui terrorizzato dalle tentazioni romane. E per evitarle si è asserragliato al terzo piano di Palazzo Chigi, evitando di incontrare anche gente in gamba che avrebbe potuto aiutarlo a volare alto. Invece ha preferito la Manzione».

In effetti si è circondato di toscani, gente di cui fidarsi.

«Ed è stato il limite del renzismo: essersi chiuso nel Giglio magico. E, con il premier asserragliato e sfuggente, tutti facevano la fila per incontrare suo padre, Lotti, Boschi. Che traffico sul Roma-Firenze...».

La sensazione è che ad affaccendarsi ci fossero persone di piccolo cabotaggio.

«Perché siamo un paese di ruffiani. E chi va al potere all'improvviso si ritrova un sacco di amici a sua insaputa. Poi arrivano le intercettazioni e lo sputtanamento, con qualche frase a effetto estrapolata da un gip e messa in piazza. Così nessuno è immune».

Come se ne esce?

«Ci vorrebbe il coraggio di non fermarsi e ripartire da zero a ogni inchiesta e fare una costituente per riscrivere le regole della politica e della giustizia.

Senza spazio per la corruzione ma anche senza ipocrisie sul lobbismo».

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