Economia

La finanza nel carrello mette a rischio i prestiti dei soci Coop

In caso di crac i rimborsi possono saltare Il governo promette nuove regole a gennaio

La finanza nel carrello mette a rischio i prestiti  dei soci Coop

Fra gli azionisti storici subito accorsi al «capezzale» di Carige assicurando la loro partecipazione all'aumento di capitale c'è anche la Coop Liguria che dell'istituto ligure possiede l'1,7 per cento. Nata a Savona nel 1945, è l'impresa distributiva leader in Liguria e Basso Piemonte, con 36 supermercati e 7 ipermercati e oltre 560mila soci», si legge sul sito internet. Dove viene sottolineato che la Coop «continua a impegnarsi per «salvaguardare il potere d'acquisto delle famiglie». Come? Anche partecipando all'aumento di Carige. E con quali soldi? Anche con quelli del prestito sociale. Che ormai per le coop è diventato un canale di raccolta come i bond subordinati lo sono stati negli ultimi anni per le banche. In sostanza i soci prestano soldi alle Coop che pagano un interesse. A dettare le regole è la Banca d'Italia - l'ammontare del prestito sociale non può superare in valore il triplo del patrimonio netto della cooperativa - che però non ha poteri di vigilanza. Poichè i «libretti» delle cooperative non sono considerati risparmi dalla legge, non c'è bisogno di qualcuno che faccia la guardia nè esiste un fondo di garanzia sui depositi come quello previsto per i conti correnti con una garanzia fino a 100mila euro.

La finanza, però non è un pasto gratis. Soprattutto per chi va a fare la spesa al supermercato. Se le coop emettessero obbligazioni sul mercato dovrebbero pagare tassi tre volte più alti. Se poi la coop finisce a gambe all'aria, il gioco comincia a farsi troppo duro per i risparmiatori. Il prestito soci, infatti, è un credito chirografario, ultimo in ordine ad accedere ai rimborsi. Diventa insomma capitale di rischio dei soci che saranno gli ultimi a vedere qualcosa si ci sono problemi di solvibilità. Dalle coop rispondono di no, perché i soldi sono prevalentemente investiti in titoli immediatamente liquidabili. Il problema è che guardando i bilanci di alcune big del sistema i risultati economici sembrano garantiti più dalla finanza - partecipazioni in banche e assicurazioni, in primis Unipol, ma anche operazioni su derivati - che dalla cosiddetta gestione caratteristica, ovvero i supermercati. Secondo R&S Mediobanca, dal 2011 al 2015 i 109 milioni di profitti delle coop della grande distribuzione derivavano da 1,2 miliardi di proventi finanziari.

Al 31 dicembre 2016 la Coop Liguria detiene quasi 357 milioni di immobilizzazioni finanziarie in gran parte partecipazioni in imprese. La sola quota Carige è già costata alla cooperativa una svalutazione di 6,1 milioni (quando però la quotazione media di dicembre era pari a 0,30 euro per azione). Intanto, i prestiti sociali fioccano. Coop Liguria supera i 645 milioni su un patrimonio netto di 681,7 milioni per 46,8 milioni di attività finanziarie definite in bilancio «prontamente liquidabili».

Alleanza 3.0, che riunisce le maggiori coop rosse di distribuzione (Coop Adriatica, Nord Est e Estense) ha messo a bilancio 4,3 miliardi di prestito sociale e rappresenta il 68% dei debiti totali su 2,4 miliardi di patrimonio, quindi le regole sembrerebbero rispettate. Ma Alleanza 3.0 è anche il socio numero uno di Finsoe, la holding di Unipol, e se a bilancio le partecipazioni fossero annotate al valore di Borsa la cooperativa rischierebbe una perdita potenziale di oltre 700 milioni.

Del problema si è reso conto anche il governo. Il viceministro dell'Economia, Enrico Morando, ha invocato provvedimenti più stringenti per tutelare i soci delle coop. Nessuna Authority ma un ulteriore limite alle dimensioni del prestito in rapporto al patrimonio netto. Quindi, secondo Morando, bisogna prevedere un vincolo di liquidità nell'ordine del 30-40% ad ulteriore garanzia dei soci. «Le nuove regole potrebbero vedere la luce entro gennaio», ha assicurato il viceministro. Il fascicolo è al Mise e il ministro Calenda ha già chiesto cifre aggiornate sull'ammontare dei prestiti sociali che a fine 2015 superavano i 14 miliardi.

Ma se le Camere verranno sciolte prima per le elezioni di primavera il rischio è quello di continuare a tirare calci alla lattina.

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