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La fine di Gianfranco Fini

L'accusa di riciclaggio nell'ambito dell'inchiesta sulla casa di Montecarlo potrebbe porre fine alla sua carriera politica

La fine di Gianfranco Fini

L’accusa di riciclaggio e il sequestro di un milione di euro pone fine a una vicenda, quella della casa di Montecarlo, che ha segnato la carriera politica di Gianfranco Fini.

Gli inizi della carriera politica

Carriera iniziata nel lontano 1968 quando, all’età di 16 anni, il futuro fondatore di Alleanza Nazionale, rimane coinvolto negli scontri con un gruppo di estrema sinistra che, all’uscita di un cinema di Bologna, contestava la proiezione del film sulla guerra in Vietnam, ‘Berretti verdi’. “Non avevo precise opinioni politiche. Mi piaceva John Wayne, tutto qui. Arrivato al cinema, beccai spintoni, sputi, calci, strilli perché gli estremisti rossi non volevano farci entrare. E così per reagire a tanta arroganza andai a curiosare nella sede cittadina della Giovane Italia”, racconterà molti anni più tardi a un quotidiano. Agli inizi degli anni ’70 si trasferisce a Roma ed entra nel Fronte della Gioventù, la formazione giovanile dell’MSI che aveva preso il posto della Giovane Italia. Il 7 gennaio 1978, giorno della strage di Acca Larentia, Fini, che nel frattempo era diventato presidente nazionale del Fronte, venne ferito da un candelotto lanciato dalla polizia per fermare i disordini.

Fini segretario dell'Msi

Ma l’anno che cambia la storia politica di Fini è il 1987 quando si svolge il Congresso del Movimento Sociale di Sorrento che segna l’uscita di scena di Giorgio Almirante. Fini, che ne è il delfino e l’erede designato, ne prende il posto alla segreteria battendo lo sfidante Pino Rauti propugnando per l'imminente futuro una nuova visione politica: "il fascismo del 2000". Alle elezioni Politiche dello stesso il Msi raggiunge il 5,5% dei voti in una campagna elettorale segnata dalla contiguità politica con il Front National di Jean-Marie Le Pen sul tema dell'immigrazione. A seguito del deludente risultato elettorale alle Europee del 1989, Rauti soffia la poltrona di segretario a Fini che la riconquisterà nel 1991. Siamo alla vigilia dell'inchiesta Tangentopoli che travolgerà il governo del pentapartito e aprirà le porte alla Seconda Repubblica. In questo contesto Fini, alle elezioni comunali del 1993, raccoglie i frutti di una campagna elettorale basata sulla lotta alla corruzione. Il passaggio al secondo turno nella sfida romana contro Francesco Rutelli segna il definitivo sdoganamento della destra italiana e l'imminente passaggio da Movimento Sociale ad Alleanza Nazionale. L'alleanza con Berlusconi e la vittoria alle Politiche del 1994 portano la destra a compiere la "svolta di Fiuggi". L'esperienza della destra al governo dura solo sei mesi ma passano due anni e Fini ottiene la sua vittoria più grande: An raggiunge il 15,5% incentrando la sua campagna elettorale sulla riforma presidenzialista dello Stato. Da lì in poi ha inizio il lento e inesorabile declino che si intravede nel 1999 con il sostegno a Mario Segni sul referendum per l'abolizione della quota proporzionale del Mattarellum, perso per un soffio, e con il flop alle Europee. La lista dell'elefantino, creata insieme ai pattisti di Segni, non sfonda ma si ferma al 10%. La carriera politica di Fini si risolleva con le Politiche del 2001 che riportano il centrodestra al governo per il quale ricopre l'incarico di vicepremier e di ministro degli Esteri. Il rapporto con Berlusconi va avanti, tra alti e bassi, fino al 2007 quando il Cavaliere annuncia dal predellino la nascita del partito unico del centrodestra.

La rottura con Berlusconi

"Voglio che sia chiaro a tutti che, almeno per quel che riguarda il presidente di An non esiste alcuna possibilità che An si sciolga e confluisca nel nuovo partito di Berlusconi", disse all'epoca, a poche dall'annuncio sentenziando: "Berlusconi con me ha chiuso". Questa è la prima di una lunga sfilza di bugie che Fini propinerà ai suoi elettori. Per le Politiche del 2008 nasce la lista Popolo della Libertà che, nel marzo dello stesso anno, diventerà partito. Fini, da presidente della Camera, inizia un’opposizione interna al premier Berlusconi che si fa sempre più incalzante fino alla rottura definitiva con quel “Che fai? Mi cacci?” pronunciato durante la direzione nazionale del 2010 che decretò la sua espulsione dal Pdl.

La fine della carriera politica e la vicenda della casa di Montecarlo

Di lì a poco nascerà Fli, Futuro e Libertà per l’Italia, che, un anno dopo, appoggerà il governo tecnico di Mario Monti. Un partito “nato morto” che nel 2013 raccoglie solo un disastroso 0,4% complice la svolta centrista e l’alleanza con Scelta Civica di Monti e l’Udc di Casini. Ma a travolgere Fini non è soltanto l'uscita dal Parlamento dopo 30 anni ma è soprattutto la vicenda della casa di Montecarlo, venuta fuori nell’estate 2010. Il presidente della Camera, in un intervento video, professa la sua estraneità ai fatti contestati al cognato, Giancarlo Tulliani, reo di aver acquistato a un prezzo di favore una casa di proprietà del partito. “Se dovesse emergere che l'appartamento di Montecarlo appartiene a Giancarlo Tulliani lascerò la presidenza della Camera”, disse all’epoca Fini.

Nel 2015, però, la casa fu poi rivenduta a un imprenditore svizzero a ben 1,3 milioni di euro, con un plusvalore di oltre 1,2 milioni di euro, e, a dicembre 2016, la procura di Roma richiede la custodia cautelare per Francesco Corallo. Fini, a pochi giorni di distanza, al Fatto Quotidiano, ammette: “Sono stato un coglione, corrotto mai”.

Ora spetterà alla magistratura stabilire quale sia la verità.

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