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"Fini non poteva non sapere"

Dopo l'ordinanza di arresto nei confronti del cognato, la procura di Roma e il Gip puntano il dito contro l'ex leader di An

"Fini non poteva non sapere"

Non è vero che Gianfranco Fini ebbe notizia di Francesco Corallo, della sua esistenza, e della sua attività solo dopo l'incontro nel luglio del 2004, quando trascorse una vacanza a Saint Maarten pagata dall'imprenditore. La Procura di Roma e il gip Simonetta D'Alessandro, nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata nei confronti del cognato Giancarlo Tulliani, scrivono che era già singolare che in un partito come An dall'accentuata connotazione gerarchica, il segretario ignorasse l'esistenza della vicende di un gruppo industriale che si preparava all'accesso a livello nazionale e all'esito di una gara bandita anni prima da un governo di cui Fini stesso era parte, per il lucrosissimo settore del gioco legale.

A confermare i dubbi degli investigatori è stato l'ex parlamentare Amedeo Laboccetta che pochi giorni fa, correggendo buona parte delle dichiarazioni rese lo scorso dicembre durante un interrogatorio di garanzia, ha retrodatato al 2002 (anno in cui fu approvata la legge 289 in materia di giochi) la preparazione della società di gioco legale ad opera di avvocati intranei ad Alleanza Nazionale e a uomini vicinissimi a Fini. I rapporti tra Corallo e Giancarlo Tulliani, con la sua famiglia, sarebbero sorti solo successivamente, quando l'imprenditore - secondo la ricostruzione degli inquirenti - costituì delle società off shore per loro per la realizzazione di una serie di significativi affari immobiliari, nella speranza che il rapporto con Fini gli tornasse sempre utile soprattutto per superare una serie di difficoltà con strutture istituzionali maturate dopo l'esito della gara.

E per diversi anni, a partire dal 2007-2008, i Tulliani, a parere di chi indaga, diventano di fatto centrali ai fini della ricezione di ingentissime somme di denaro e varie utilità provenienti da Corallo. La vendita della casa di Montecarlo è solo uno degli episodi che dimostrano come Corallo si sia attivato senza risparmio di risorse per diventare di fatto un socio dei Tulliani. E quando lui dopo qualche anno esce di scena, ecco che i Tulliani hanno in mano tanti di quei soldi da poter svolgere operazioni che lasciano tracce evidenti, come bonifici o vendita di appartamenti e relativa ripartizione dei proventi. Secondo i ricordi di Laboccetta, nel 2008 Tulliani, anche a nome di sua sorella e di Fini, informò Corallo che avrebbe dovuto aiutarli a comprare una casa a Montecarlo. Fu fatta una riunione negli appartamenti della Camera, presenti Giancarlo ed Elisabetta Tulliani, Fini, Corallo e lo stesso Laboccetta. In quella sede, Fini disse che lui e la compagna desideravano una casa proprio nel Principato aggiungendo testualmente 'siamo certi che vorrai aiutarci ad esaudire questo nostro desideriò. Al che Corallo si dichiarò disponibile.E secondo Laboccetta, che non sapeva nulla della casa lasciata in eredità ad An dalla contessa Colleoni, poiché Giancarlo Tulliani disse che aveva già contattato alcune società immobiliari, fu chiaro che volevano che Corallo pagasse loro la casà. Vera o no la circostanza, a parere della Procura e del gip, questa vicenda nel suo complesso, per la quale pende una misura cautelare in carcere nei confronti di Giancarlo Tulliani, contempla una serie di gravi reati che avrebbero segnato un'intera fase politica, toccando in profondità l'ordinamento economico dello Stato. La riprova sta nella natura della posta in gioco, delle qualifiche soggettive e dei ruoli istituzionali dei soggetti coinvolti, 'in primis' Fini, dapprima nella veste di vicepresidente del Consiglio dei ministri e poi Presidente della Camera dei Deputati, Amedeo Laboccetta, già parlamentare e poi componente della Commissione Antimafia e della Commissione Finanze e Corallo, assistente parlamentare di Laboccetta, e successivamente poi, come re dello slot, titolare di imprese che hanno operato in regime concessorio all'interno dello Stato, qualificabili in realtà, secondo gli accertamenti investigativi, come strutture di sistematica violazione degli obblighi fiscali, con gravissime interferenze su un Ufficio di controllo strategico quale era quello dei Monopoli di Stato.

"Nei giorni scorsi ho dato mandato ai miei legali, Francesco Caroleo Grimaldi e Michele Sarno, di chiedere ai magistrati di essere interrogato, e oggi ho dato loro mandato di querelare per calunnia Amedeo Laboccetta", ha affermato in una nota l'ex presidente della Camera Gianfranco Fini.

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