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Fini, si allargano i guai: processo per riciclaggio Rischia fino a trent'anni

L'ex leader di An rinviato a giudizio insieme al cognato Tulliani e al «re delle slot» Corallo

Fini, si allargano i guai:  processo per riciclaggio Rischia fino a trent'anni

La famigerata casa di Montecarlo porta nuovi guai a Gianfranco Fini. L'ex presidente della Camera finisce sul banco degli imputati e dovrà difendersi dall'accusa, pesantissima, di riciclaggio. Il processo comincerà il 30 novembre e riguarda 10 persone: il re delle slot machine Francesco Corallo, alcuni suoi collaboratori, l'ex deputato di Forza Italia Amedeo Laboccetta, Fini, la compagna Elisabetta Tulliani, il cognato Giancarlo, il suocero Sergio.

«Dimostrerò la mia innocenza davanti ai giudici», replica l'ex leader di An, appena avuta la notizia del rinvio a giudizio. Si vedrà in aula. Per la Procura di Roma, Corallo, potentissimo dominus del gioco d'azzardo, avrebbe sistematicamente evaso le imposte dovute sulle sue attività, trasferendo fra il 2008 e il 2014 ai Caraibi qualcosa come 150 milioni di euro, prontamente reinvestiti in attività economiche, finanziarie, immobiliari. Per questo, l'imprenditore catanese è ritenuto la mente di un'associazione a delinquere finalizzata al peculato, al riciclaggio e alla 14, oggetto nell'estate del 2010 di una memorabile campagna del Giornale, liquidata allora da molti giornali e dalla procura con un'alzata di spalle o, peggio, qualificandola come una colata di fango. Fini invece rassicurava gli italiani: «Non ho nulla da nascondere». E sottolineava «l'ossessiva campagna dei giornali berlusconiani».

Non era cosi: quelle stanze dorate, destinate da una facoltosa benefattrice al partito, erano invece finite nella disponibilità del clan Fini-Tulliani. Insomma, secondo la procura che oggi si ricrede e torna sui suoi passi, quell'acquisto fu effettuato attingendo agli infiniti capitali di Corallo e quell'operazione rappresenta uno dei cinque momenti in cui a Fini viene contestato il riciclaggio. Per questo la pena massima, che codice alla mano arriva per un singolo episodio fino al tetto di 12 anni, potrebbe salire, sempre sulla carta, fino a 30 anni. Gli avvocati, a cominciare da Nicola Madia, difensore di Sergio e Giancarlo Tulliani, contestano tutti i passaggi della costruzione giuridica e di fatto ritengono che i pm abbiano tentato in extremis, con le armi ormai spuntate dalla prescrizione di un'eventuale corruzione, di rimediare in qualche modo agli errori precedenti. La Procura però va avanti e sostiene che pure la cessione a terzi del solito appartamento di boulevard Princesse Charlotte sia stata illegale, configurando per quel ricavo, pari a 1,2 milioni di euro, l'autoriciclaggio.

In tutto, su questo secondo versante vengono identificati 7 milioni di euro frutto di riciclaggio. E per un segmento da 2,4 milioni, si sfiorano suggestioni penali ancora più forti: quei denari, transitati come al solito attraverso canali off shore, sarebbero stati utilizzati dal trio Tulliani per attività immobiliari in Italia e questo sarebbe avvenuto in coincidenza di un passaggio legislativo molto delicato e atteso, l'approvazione del decreto 78/2009. Con quel provvedimento si rinnovava la disciplina del gioco d'azzardo, naturalmente a vantaggio delle società poi risucchiate nell'inchiesta.

La svolta era arrivata il 13 dicembre 2016 con gli arresti eccellenti di Corallo e Laboccetta: il primo era stato ammanettato dalla polizia olandese nell'isola di Saint Marteen, il suo quartier generale, il secondo, parlamentare del Pdl fino al 2013, era stato bloccato a Napoli.

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