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Finta tregua nel governo "Si vota tra quattro anni"

Conte in Giappone, Di Maio e Salvini congelano la crisi. Poltrone Ue, all'Italia la Concorrenza?

Finta tregua nel governo "Si vota tra quattro anni"

«Duriamo altri quattro anni». Sì, quattro anni, Luigi Di Maio dice proprio così. Crisi imminente? Macché. Paralisi? Nemmeno, «stiamo lavorando per migliorare il Paese». Quanto alle elezioni anticipate, assicura il vicepremier dagli schermi di Porta a Porta, «si voterà alla scadenza naturale». Una volta tanto pure Matteo Salvini è d'accordo: «Voglio andare avanti per fare le riforme, ora questo è il migliore dei governi possibili». Granitiche certezze o disperati esorcismi? A occhio, più la seconda. Palazzo Chigi, infatti, se non è pericolante, quantomeno è in stallo.

Un mazzo di fiori in mano, la bandierina tricolore sventolata con l'altra, Giuseppe Conte si fa fotografare a Osaka mentre arriva alla riunione del G20. A Roma sono rimasti tanti fronti aperti, tante scelte da fare, dall'economia, alla Tav, ai rapporti con l'Europa. La sua idea, visto che non si può decidere niente, è quella di congelare la situazione, sperare che nel frattempo la trattativa con la Ue per scongiurare la procedura d'infrazione sul debito vada a buon fine e ripresentarsi al ritorno dal Giappone come l'uomo che è ha salvato l'Italia dalla bancarotta. Tria fa il lavoro sporco e il premier si prende i meriti. L'avvocato degli italiani, raccontano dalla Lega, sta cercando di costruirsi un'immagine da statista in caso di crisi e di reincarico.

Bisognerà vedere se il giochetto funziona. Lo spostamento a lunedì prossimo del Consiglio dei ministri sull'assestamento di bilancio gli ha consentito di non ufficializzare numeri che Bruxelles avrebbe dovuto bocciare. Ottimista anche Giovanni Tria: «Con Moscovici ci sentiamo di continuo». Si va forse verso un rinvio della procedura, accompagnato da misure tampone per correggere i conti del 2019. Certo, rimane il buco dell'anno prossimo, ma si vedrà, già uno spostamento ad ottobre sarebbe un grosso successo. Ora si è infatti aperto uno spiraglio, se pure il falco finlandese Atti Riiine, che sarà il prossimo presidente di turno dell'Unione, sostiene che «si può trovare l'accordo». E anche sulla poltrona di commissario Ue che dovrebbe toccare all'Italia prende corpo l'ipotesi Concorrenza e mercato interno o Industria e Agricoltura, con Salvini che torna a spingere su Giancarlo Giorgetti.

Intanto la maggioranza incassa il via libera definitivo al dl Crescita, sia pure dopo aver tolto di mezzo alcuni dossier ingombranti e controversi, sia pure con il ricorso al voto di fiducia: ma si sa, dopo la defezione della Nunes e altri grillini, al Senato la maggioranza non è più tanto solida. Conte da Osaka si è detto contento perché «è il segnale di un Paese che fa sistema», però per la coalizione gialloverde i problemi veri, i contrasti interni, devono ancora arrivare.

Il primo è l'autonomia regionale, cavallo di battaglia leghista sul quale i 5s sono piuttosto freddi. «La riforma e nel contratto - dice Di Maio - e quindi Lombardia e Veneto dovranno averla, la questione è cosa c'è scritto dietro. Se danneggia le altre Regioni, se danneggia ancora il Sud, dovranno passare sul mio cadavere. Se si tratta di tagli o tasse non mi pare il caso».

L'altro dossier aperto riguarda la concessione a Autostrade per l'Italia. I Cinque stelle hanno promesso di revocarla, la Lega non è d'accordo, anzi si parla di un ingresso dei Benetton nella cordata per Alitalia. Ipotesi che Di Maio respinge: «Se togliamo loro le concessioni, come abbiamo detto ai funerali delle vittime del crollo del ponte Morandi, avranno un calo in borsa.

Mettere dentro un'azienda decotta come Atlantia non aiuterà la compagnia a riprendersi».

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