Quirinale 2015

Fioroni e quella cena tra ex Ppi che ha "eletto" il capo dello Stato

L'idea nata al ristorante "Scusate il ritardo" il 14 gennaio: a tavola anche Guerini e Valiante

Fioroni e quella cena tra ex Ppi che ha "eletto" il capo dello Stato

C'è una perfetta regia democristiana dietro lo spregiudicato ribaltone messo in campo da Matteo Renzi sul Quirinale. Un audace colpo - di corto o lungo respiro, si vedrà - che ha cancellato il Patto del Nazareno e spianato la strada a un candidato non esattamente in grado di scaldare i cuori tanto degli italiani quanto dei «grandi elettori», come Sergio Mattarella.

La decisione di puntare sul giudice della Consulta dalla lunghissima militanza politica nella Balena Bianca non sarebbe, però, esattamente farina del sacco renziano. Il premier fino a pochi giorni fa sarebbe stato deciso a far convergere i voti del Pd su Giuliano Amato fin dalla quarta votazione. Una scelta coerente con il percorso politico del suo primo anno di governo e con l'alleanza sottoscritta con Silvio Berlusconi e Denis Verdini.

Qual è stata allora la scintilla che ha acceso il motore della candidatura Mattarella? Chi sono stati i registi del colpo di scena che ha portato l'ex alfiere della sinistra democristiana a un passo dal varcare la soglia del Quirinale? Ad affondare il colpo e a «tentare» il premier sarebbero stati tre uomini di chiara militanza democristiana e popolare: l'ex ministro Beppe Fioroni, il vice segretario del Pd Lorenzo Guerini e il portavoce di AreaDem, Simone Valiante. I tre esponenti democratici avrebbero fatto partire la loro ambasciata nel corso della cena dello scorso 14 gennaio al ristorante romano Scusate il ritardo . È qui che sarebbe stato insinuato il tarlo del dubbio nelle non granitiche certezze del Rottamatore. Il messaggio indirizzato a Renzi sarebbe stato: Amato non sarà mai il «tuo» presidente. Avrai piuttosto un presidente riconducibile in prima battuta a Berlusconi, ma indirettamente anche ai Bersani e ai D'Alema con i quali l'ex presidente del Consiglio socialista ha sicuramente maggiore familiarità e consuetudine. Quali tutele reali ti potrebbe assicurare un capo dello Stato come Amato?

A quel punto Fioroni, Guerini e Valiante hanno fatto balenare ipotesi alternative, fatto scattare una sorta di richiamo della foresta democristiano. E di concerto con il premier hanno sfogliato l'album dei «quirinabili», soffermandosi su quelli riconducibili sotto lo storico segno dello scudo crociato. Tra questi avrebbe preso quota il nome di Pier Luigi Castagnetti su cui, però, sarebbero emersi dubbi legati al suo scarso feeling con il nuovo corso del Pd e con lo stesso Renzi. Alla fine nel corso di una serie incontri avvenuti a Palazzo San Macuto alla commissione di inchiesta sull'uccisione di Aldo Moro - di cui è presidente lo stesso Fioroni e che è diventata il vero quartier generale della trattativa - prende corpo la candidatura dell'ex ministro della Difesa di D'Alema. Sul nome di Mattarella partono subito i sondaggi interni al Pd, le consultazioni con la sinistra del partito, con i bersaniani, si accendono i contatti con i prodiani, spiazzati da questa soluzione sostanzialmente inattesa al netto dei tanti nomi usciti sui giornali. I tasselli del mosaico finiscono uno dopo l'altro al loro posto, Renzi ottiene il via libera dal suo partito e decide di affondare il colpo, mettendo in campo una forzatura con cui modifica il suo perimetro di gioco, tornando pienamente nell'alveo del centrosinistra più tradizionale.

Una brusca virata a sinistra effettuata, paradossalmente, con il supporto di tre timonieri democristiani: Guerini, Fioroni e Valiante.

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