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A Firenze I guai dell'imprenditore amico del premier

Firenze«Se non fossi Renzi vorrei essere Farinetti», disse una volta. E Farinetti ricambiò in estasi mistica: «Matteo si muove da Dio». Amore vero quello fra Matteo Renzi il presidente del Consiglio e Oscar Farinetti l'imprenditore illuminato. Come dice il proverbio «Chi si somiglia si piglia». Una caratteristica comune di questi due è quella di fare promesse al vento. Il primo agli italiani, il secondo ai dipendenti della sua catena enogastronomica, Eataly.

Ieri è successo quello che Farinetti non avrebbe mai voluto vedere: la rivolta dei dipendenti di Eataly Firenze. Proprio lì. Nel tempio del renzismo internazionale. Dove tante Leopolde sono passate sotto i ponti. Dove il 17 dicembre 2013, fascia tricolore e giglio sul petto, Matteo Renzi il sindaco, battezzò con due gocce di Ferrari perlé la creatura del fratello di latte Natale Farinetti detto Oscar (chissà perché poi si è cambiato il nome). Lì, in via Martelli, proprio davanti alla Fondazione Open, quella che raccoglie i soldi per il suo amico «fu rottamatore».

Il primo vero sciopero in Italia con tanto di presidio contro i Farinetti's è stato organizzato dai ragazzi fiorentini che lavoravano nello store durante l'estate. L'azienda non ha rinnovato i loro contratti a termine, e quelli di altri 60 dipendenti, ovvero il 50 per cento di tutto il personale assunto peraltro attraverso un'agenzia interinale. Che smacco per quel geniaccio di Oscar. Fosse poco, i Cobas denunciano anche «orari estenuanti, turni comunicati il giorno prima, mancanza di rappresentanza sindacale e poca sicurezza sul lavoro». Tutto condito con un «clima di terrore» perpetuato dai responsabili.

Inciso. A far conoscere Renzi e Farinetti è stato il lobbista Marco Carrai che ha seguito l'iter burocratico per l'apertura dello store fiorentino e poi, grazie all'impresa di famiglia, la Car.Im., ha ristrutturato il palazzo sede di Eataly. Lo «squalo capitalista», così viene simpaticamente definito il patron dai suoi dipendenti, 30 punti vendita da Los Angeles a Dubai per un fatturato di 400 milioni di euro, non ha ancora mosso un baffo. Ci prova il fortunatissimo figlio Francesco: «Tensioni provocate da un solo dipendente». Falso. I ragazzi rispondono compatti: «Questo caso testimonia come lo sbarco a Firenze in pompa magna con oltre 120 dipendenti assunti fosse soltanto uno spot, mentre la realtà è fatta di precariato e sfruttamento. Se Farinetti rappresenta il nuovo modello dell'imprenditoria italiana stiamo freschi».

Ah già, era solo un altro spot, praticamente il Verbo del renzismo.

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