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Fisco batte contribuente quattro a tre

Il ricorso costa tempo, denaro e tanto stress. Ma a volte si riesce a spuntarla

Fisco batte contribuente quattro a tre

Roma - D'accordo, si gioca sempre «fuori casa» e il terreno di gioco risulta sempre un po' «truccato». Però non se la cava male, il contribuente italiano nei confronti del Fisco. Su dieci contenziosi fiscali ne perde quattro o poco più (il 45 per cento), tre volte riesce a vincere (31,3%), due volte finisce con un condono, una volta con una transazione.

Ce lo comunica uno studio della Cgia di Mestre, basato sugli esiti riferiti ai contenziosi fiscali registrati in tutte le Commissioni tributarie provinciali del Paese. Lo scarto Fisco-contribuente aumenta quando il risultato è riferito al valore economico del giudizio: sempre nel 2016, gli importi delle sentenze a favore del fisco sono stati pari al 48,1%, mentre la percentuale di vittoria ad appannaggio del contribuente si è fermata al 23,4%. Anche in Commissione tributaria regionale si registrano più o meno gli stessi differenziali. Il Fisco la fa sempre abbastanza da padrone. Ma c'è un ma. «Nonostante lo scarto a favore del fisco sia abbastanza netto - segnala il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo - non va trascurato il risultato positivo ottenuto dai contribuenti quando citano in giudizio l'Amministrazione finanziaria. Se teniamo conto dei costi che bisogna sostenere per avviare il contenzioso, dell'abbattimento del numero di ricorsi avvenuto dopo l'introduzione dell'obbligo della mediazione fiscale prima di adire in primo grado e dell'effetto scoraggiamento esercitato dal venir meno degli sconti sulle sanzioni mano a mano che si procede nel contenzioso, vincere oltre il 30% del numero di giudizi nelle Commissioni tributarie provinciali non è poca cosa». Far valere le proprie ragioni nei confronti del fisco costa tempo e denaro, si sa. Migliaia e migliaia di euro, a seconda della complessità della causa. Si consideri poi che il ricorso non evita il versamento, anche se parziale, di quanto richiesto dal fisco: ad esempio a fronte di un avviso di accertamento è prevista la riscossione di un terzo delle imposte contestate, mentre prima di ricorrere in secondo grado si devono versare i 2/3 degli importi dovuti a titolo di imposta ed interessi (al netto di quanto già versato).

Si aggiunga che il tempo medio della giustizia tributaria è di circa due anni e due mesi per ognuno dei due gradi del giudizio: è chiaro perché, per importi «piccoli», al contribuente convenga pagare piuttosto che ricorrere.

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