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Il fisco nemico delle donne: stangata anche se è incinta

L'odissea di una commerciante

Il fisco nemico delle donne: stangata anche se è incinta

Roma Il Fisco non può essere amico delle donne in gravidanza. A stabilirlo è la Cassazione che ha stabilito la legittimità dell'applicazione degli studi di settore a una commerciante che aveva imputato il calo dei ricavi allo stato interessante. L'Agenzia delle Entrate ha segnato un altro colpo a favore del suo metodo presuntivo-induttivo che resterà in vigore almeno un altro anno, visto lo slittamento dei nuovi indici sintetici di affidabilità decretato dalla legge di Bilancio. A nulla, infine, è valso che l'esercente avesse vinto i primi due gradi di giudizio (sia in Commissione tributaria provinciale che in regionale) in quanto l'orientamento prevalente è quello di giustificare le minori entrate in virtù del minor tempo da dedicare all'attività lavorativa.

Niente da fare. La Suprema Corte, infatti, ha ritenuto più convincenti altri elementi. In primo luogo, la differenza di circa 20mila euro tra ricavi dichiarati e accertati e, in seconda istanza, il fatto che la commerciante avesse ricevuto un verbale di contestazione per non aver emesso uno scontrino. Se il calo dei ricavi e dell'imponibile è consistente, bisognerà conservare tutta la documentazione utile a provare la flessione del giro d'affari. Nel caso in esame i certificati medici non sono stati ritenuti sufficienti. Il Fisco non è amico della famiglia, questo si sapeva.

E anche le mamme non gli sono tanto simpatiche.

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