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Fitto con Giorgetti. "Patto di stabilità, nuovo accordo Ue o dal 1° gennaio l'Italia è a rischio"

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Fitto con Giorgetti. "Patto di stabilità, nuovo accordo Ue o dal 1° gennaio l'Italia è a rischio"

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L'Europa unita, le energie da ricercare nel Vecchio Continente in questa particolare fase storica, ma anche la presenza di un «convitato di pietra», il Patto di stabilità, quel codice del rigore fiscale da cui non si può più scappare.

Raffaele Fitto interviene al Meeting di Rimini, riannoda il filo del discorso fatto il giorno prima da Giancarlo Giorgetti e fa capire che l'equilibrio dei conti pubblici non può più essere confinato tra le varie ed eventuali, ma è destinato a riconquistare centralità nella manovra e nel dibattito autunnale. «Io parto da dove ha concluso il ministro Giorgetti, per condividere una sua giusta preoccupazione. Noi siamo reduci da un po' di anni in cui abbiamo dimenticato il convitato di pietra: il Patto di stabilità, oggi torna il Patto di stabilità» dice il ministro per gli Affari Europei. «Basta vedere l'aumento del debito pubblico, della spesa pubblica e purtroppo della spesa corrente in questi anni per comprendere quanto una situazione di drammatica crisi poteva forse essere utilizzata meglio dal punto di vista degli investimenti».

Se questa è la fotografia della situazione, non è detto che non sia possibile trovare un accordo per una rimodulazione del Patto. «Se non si trova un accordo il rischio è che a gennaio tornino le vecchie regole e questo comporta un effetto molto complesso per l'Italia» continua il ministro. Serve flessibilità, insomma, flessibilità che «può essere una soluzione nell'immediato anche per spendere in modo più adeguato le grandi risorse di fronte a cui ci troviamo», sia del Pnrr che dei fondi di coesione. Fitto, però, parlando agli «Incontri del Principe» ci tiene a ricordare che «il Pnrr è un'occasione ma sono 150 miliardi che prendiamo a debito. Dobbiamo avere un supplemento di attenzione, perché sono risorse che impegnano le future generazioni».

C'è un altro tema sul quale gli esponenti del governo ospiti del Meeting si concentrano: quello della natalità. Da una parte il viceministro all'Economia Maurizio Leo lo declina dal punto di vista del sostegno fiscale alle famiglie: «Dobbiamo individuare delle risorse per sostenere le famiglie che hanno più figli. Le famiglie numerose, quelle con più di tre figli, sono limitate, quindi da questo punto di vista si può ritenere che l'impegno economico non sia oneroso». Dall'altra Alfredo Mantovano nella sua qualità di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio si muove sul terreno valoriale e lancia alcuni messaggi che impegnano la prospettiva identitaria dell'esecutivo. «La sfida più importante che riguarda l'intero governo è quella della natalità. È più importante dell'approvvigionamento energetico, delle riforme istituzionali, della regolamentazione delle migrazioni, perché un corpo sociale che rinuncia a mettere al mondo bambini mostra di non avere speranza nel futuro. Se l'inverno demografico è l'esito di oltre 50 anni di politica contro la famiglia non possiamo immaginare in 9 mesi di ribaltare totalmente il quadro. Ci sono stati segnali concreti nella legge di bilancio, ci sono segnali concreti nella delega fiscale. Il nostro vuole essere un approccio sussidiario, non siamo il governo della Repubblica popolare cinese che decide un giorno un figlio solo per coppia». L'aspirazione è quella di avere «un governo che rivendica come non scandaloso considerare la maternità come qualcosa che non si mette né in vendita né in affitto.

Noi siamo consapevoli che si potrà parlare di ripresa vera quando la curva demografica riprenderà a salire e ogni mamma incinta verrà considerata una benemerita della società».

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