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Un flop dai costi folli. Così il Pd insabbia i dati sull'accoglienza

La commissione a guida dem non pubblica la relazione finale. Troppi timori elettorali

Un flop dai costi folli. Così il Pd insabbia i dati sull'accoglienza

«La maggioranza a guida Pd ha deciso di insabbiare quanto prodotto e scoperto per nascondere agli occhi dei cittadini italiani, in periodo di campagna elettorale, le malefatte di Renzi e i disastri di Minniti di questi ultimi anni». È scontro aperto in commissione parlamentare di inchiesta sui migranti, con Forza Italia e Lega che accusano i democratici di voler nascondere la «verità» sull'emergenza immigrazione. O quanto meno di volerla edulcorare facendo passare sotto silenzio ciò che è emerso durante quattro anni di lavori, indagini, dossier esaminati, su ciò che non va all'interno del sistema di accoglienza e nella riforma varata dal governo, il cosiddetto pacchetto Minniti.

Si tratta infatti di dati e atti che sarebbero dovuti confluire in una relazione finale, un documento previsto per ogni commissione parlamentare di inchiesta che giunga al termine dei suoi lavori, ma di cui invece ancora non c'è traccia. E a quanto pare, non ci sarà. Non per un ritardo, ma per una chiara «volontà politica», sostiene Gregorio Fontana, di «evitare di accendere i riflettori sulle gravi criticità emerse sul fronte accoglienza e asilo in campagna elettorale».

Il presidente della commissione, il dem Federico Gelli, nonostante le richieste di procedere alla stesura del documento conclusivo, ha ritenuto sufficiente una relazione approvata il 20 dicembre scorso: «Se manca un documento che raccolga il modo formale l'esito delle attività della commissione, non significa che manchino documenti che riprendano i lavori della commissione e diano spunti utili». Secondo Gelli, la relazione di dicembre deve bastare. Eppure, si tratta di un documento «parziale», ribatte Fontana, che nulla ha a che fare con la completezza di un documento conclusivo del lavoro svolto negli anni e che «è previsto per tutte le commissioni di inchiesta, dalle banche all'accoglienza. Qui invece manca un filo conduttore che lo stesso presidente aveva annunciato». Anche Stefano D'Ambruoso, Scelta Civica, nella seduta di due giorni fa si è unito alle richieste di Forza Italia, ma si è scontrato col muro del piddino. Renato Brunetta si è rivolto direttamente alla presidente della Camera: «Chiediamo un intervento deciso della presidente, Laura Boldrini, affinché siano rispettate le norme procedurali e sia presentato al Parlamento e ai cittadini italiani l'atto finale previsto dalle norme istitutive della Commissione. In caso contrario il Pd sarebbe responsabile di una grave violazione della legge».

I numeri dell'emergenza vanno dal flop delle espulsioni - su 39.052 stranieri irregolari rintracciati fino a ottobre 2017, solo 17.163 sono stati effettivamente allontanati - a quello dei rimpatri. I nuovi centri (Cpr) dovevano sorgere uno per regione, sostituire i Cie e rendere più efficienti i rientri nei Paesi di provenienza dei migranti. Di queste strutture a oggi se ne vedono solo quattro: Brindisi, Caltanissetta, Roma e Torino, dove sono ospitati appena 376 migranti da allontanare dall'Italia. Accordi, sono stati fatti solo con Niger, Tunisia, Egitto, Marocco, Nigeria. E poi, l'ingorgo dei tribunali, dove ha origine il cortocircuito: le sezioni specializzate introdotte dalla riforma Minniti dovevano servire a smaltire i ricorsi e ridurre i tempi di attesa dei migranti da 361 giorni a quattro mesi. Ma a oggi sono sommerse dall'arretrato. Da Trieste a Catania, da Milano a Firenze, passando per Bologna, il grido d'allarme arriva dagli stessi magistrati: organici insufficienti e una montagna di fascicoli che continua a crescere.

Anche l'Anm protesta: «Le linee guida rischiano di rimanere lettera morta senza un adeguamento delle piante organiche dei Tribunali distrettuali e di un'adeguata dotazione per le sezioni specializzate».

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