Politica

Follia dell'Isis contro i gatti: una fatwa per sterminarli

Mosul, una legge vieta i felini nelle case: «Non in linea con i nostri principi». Ma per l'islam sono animali puri

Oscar Grazioli

E adesso la loro violenza insensata si rivolge a esseri, se vogliamo, ancora più innocenti delle persone che, nella loro visuale distorta, possono avere un credo, o solo delle banali idee, diverse dai loro dogmi. O forse sono a corto di teste da tagliare. Fatto sta che a Mosul, città irachena in mano al Califfato, gli estremisti islamici dell'Isis hanno emesso una fatwa contro i gatti.

In realtà, trattandosi di estremisti che leggono il Corano a loro modo, non è ben chiaro quale significato abbia, questa volta, il termine fatwa che è un provvedimento molto complesso in cui si svolge un dialogo tra chi pone una domanda relativa a un determinato argomento e chi ha il titolo per rispondere quale sia la strada da intraprendere che peraltro non è né obbligatoria e talvolta neanche univoca (esistono casi di fatwe discordanti).

Il termine è stato un po' distorto, in Italia, dove ha assunto un significato molto restrittivo nel 1989, quando l'Ayatollah Khomeini pronunciò la famosa condanna a morte in contumacia contro lo scrittore indiano Salman Rushdie.

In realtà, nel mondo islamico moderato, la fatwa non ha nulla che fare con la condanna capitale, ma è un provvedimento quotidiano che riguarda situazioni pubbliche, private, economiche e non ha quelle caratteristiche di «condanna definitiva e mortale» che le vengono attribuire in occidente.

Quando però si parla di Isis e di fondamentalisti della jihad però, tutto assume un velo di terrore ed è giustificata la preoccupazione che il provvedimento proclamato nei giorni scorsi alimenti una vera e propria strage di ignari gatti che, fino a poco tempo fa, coabitavano in pace con gli esseri umani del posto.

La preoccupazione deriva dal fatto che il proclama è stato rivelato da un'emittente piuttosto autorevole, il sito satellitare arabo Al Sumaria, che ha citato, come fonti, alcuni «dotti» locali della provincia di Ninive.

L'emittente ha parlato, in modo generico e ben poco chiaro, di una pretesa «decisione in linea con la visione dello stato islamico», decisione che avrebbe le caratteristiche di obbligatorietà e perentorietà. Insomma una sentenza di morte inesorabile per i felini domestici.

Lo sconcerto non colpisce solo il mondo orientale ma anche quello di fede musulmana perché se è vero che vi sono alcuni animali che l'Islam considera impuri o da non avvicinare, è anche certo che tra questi non ci sono i gatti, da sempre considerati animali degni, che si trovano raffigurati nell'arte antica della Mesopotamia, addirittura sacri in Egitto e liberi di entrare nelle case come di camminare attorno alle mosche senza che nessuno alzi un dito su di loro se non per accarezzarli.

Maometto aveva una predilezione per i gatti tanto che si racconta l'aneddoto di quando preferì tagliare il suo mantello piuttosto che svegliare la sua adorata gatta Muezza che ci si era appisolata sopra.

La gatta avrebbe salvato il profeta da un serpente velenoso che si era infilato nella manica della sua tunica.

Mentre, fino a pochi giorni fa i fondamentalisti trasmettevano immagini di militari con gatti in braccio, oggi gli stessi invitano la popolazione a non ostacolare le operazioni di sterminio. Domani a chi tocca?

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