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Formigoni racconta la vita in cella "Mi hanno scritto duemila persone"

L'ex governatore sconta 5 anni e 10 mesi: «C'è solidarietà tra detenuti. La condanna ingiusta non inquina il mio cuore»

Formigoni racconta la vita in cella "Mi hanno scritto duemila persone"

Milano Da tre mesi e una settimana nel carcere di Bollate per scontare una condanna a 5 anni e 10 mesi, Roberto Formigoni mantiene un contatto con la realtà esterna attraverso le lettere. Quelle che riceve, «ben oltre duemila» sia in forma cartacea che attraverso una casella di posta elettronica gestita per i detenuti da una cooperativa. Sia quelle che scrive, molte in forma privata e qualcuna in forma pubblica a Tempi, settimanale di area Cl, il movimento cattolico da cui proviene l'ex governatore. Nell'ultima lettera Formigoni racconta per la prima volta la sua vita da carcerato, smentendo le voci che lo danno depresso e privo di speranze: «In galera, come ho imparato nella mia vita, vivo il presente istante per istante, e il presente è il luogo della presenza di un Altro, e ogni istante è un'occasione di sofferenza ma anche di incontro, di dialogo, di riflessione - scrive nella lettera Formigoni - Tutto ciò ha destato qui una certa sorpresa, perché ci si aspetta che il detenuto, specie nei primi tempi, sia almeno un po' provato, un po' depresso, se non addirittura che mediti intenti cattivi, tant'è che per un certo periodo devi incontrare quotidianamente lo psicologo o lo psichiatra. E uno di questi un certo giorno mi ha fatto chiamare per domandarmi: «Ma lei si rende conto di dove è, di cosa le è successo, di come dovrà vivere?». In realtà voleva chiedermi: Ma lei è pazzo? Come fa a vivere così?. Eppure anche qui si può vivere così. E si può vivere così anche in rapporto agli altri detenuti e agli agenti di polizia penitenziaria. Ciascuno è una persona, ovviamente coi suoi problemi, a volte grandi o grandissimi, con una prospettiva di futuro pesante o incerta, con speranze che vanno e vengono. Ma con molti si può creare uno scambio, un riconoscimento, qualche forma di solidarietà». Dagli altri detenuti (che lo chiamano «presidente») ha ricevuto un'accoglienza inaspettata, tanto che si è accorto solo recentemente che in carcere il caffè è a pagamento, finora glielo avevano sempre offerto gli altri carcerati.

La vita da detenuto è scandita da ritmi burocratici che riducono il «tempo utile», il resto lo utilizza per leggere testi classici e contemporanei, politica, economia, teologia. «Al contrario di quel che si può pensare, in carcere il tempo è poco almeno per me -, non tanto. Devi fare tutto ciò che è legato alla sopravvivenza quotidiana, devi sottoporti a pratiche burocratiche e tempi di attesa, devi compilare la domandina per ogni cosa. Se vai in biblioteca ti chiamano in reparto per consegnarti la posta che viene aperta in tua presenza lettera per lettera, poi ritorni in biblioteca per essere di lì a poco richiamato per ritirare una raccomandata che ti viene consegnata in un luogo diverso, mentre la consegna dei pacchi è in un altro luogo ancora con un'altra trafila. E pure le medicine le devo ritirare, una pastiglia al giorno, in tre momenti diversi».

E poi appunto la corrispondenza, moltissime lettere e mail «che per settimane mi sono arrivati a fiumi. È qualcosa di straordinario, che mi emoziona e mi sorprende ogni volta. Il mio più grande cruccio è di non riuscire a rispondere che a pochi. Ma i messaggi li conservo tutti, è un tesoro che non hanno potuto né condannare né distruggere. E che porterò sempre con me». Chi gli ha parlato racconta del «senso di ingiustizia profonda» che l'ex governatore lombardo sente di aver subito. Lo scrive anche nella lettera citando il penalista Coppi: «Una condanna senza colpa e senza prove». Ma quello in carcere è ancora il Formigoni combattivo di una volta: «Mi è stato chiaro fin dal primo istante che questa situazione non poteva dominare né i miei giorni né i miei minuti.

Hanno potuto condannarmi ma non hanno potuto decidere del mio modo di reagire e di vivere, non hanno potuto inquinare né il mio cuore né il mio cervello».

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