Politica

Foto con le armi, poi le lacrime: «Un giocattolo»

I martiri della chat minacciavano stragi. Ma davanti al pm crollano: «Scherzavo»

Luca Fazzo

Fino al giorno prima sono leoni della guerriglia da tastiera, martiri della chat pronti a immolarsi in nome del Profeta per spazzare via dalla terra i «cani infedeli».Poi li arrestano, e la mutazione è fulminea. Piangono. E per spiegare il senso delle loro promesse di jihad sanno dire solo: «Signor Giudice, scherzavo!».

Ormai è un ritornello frequente, ogni volta che in Italia scatta una retata contro estremisti islamici accusati di costituire una cellula terrorista. Ieri a Bari torna libero Hakim Nasiri, che si era fatto fotografare con un mitra in mano. «Era un giocatolo», dice, come se fosse normale per un adulto giocherellare e ritrarsi con armi fasulle. E i proclami pro-sgozzamento? Battute, frasi in libertà. E magari domani il tribunale della libertà di Milano metterà fuori anche Mohammed Koraichi, arrestato la settimana scorsa insieme al suo amico Moutaharrik Abderrahim, il campione di kickboxing pronto ad attaccare San Pietro. Nelle sue chiacchiere, Koraichi sembrava non vedere l'ora di spargere il sangue dei crociati, «il Bataclan è solo l'inizio»? Sì, ma erano anche quelle battute. «Non aveva alcuna intenzione di martirizzarsi. Bisogna stare attenti a non processare fanfaronate dette al telefono», spiega serissimo il suo difensore. E Abderrahim, il pugile che diceva «Voglio far esplodere l'ambasciata d'Israele a Roma»? «Le frasi vanno lette in un contesto più ampio: dal dire al fare ne passa», dice il suo avvocato.

A volte sarà anche vero, che si tratta di chiacchiere in libertà: anche se ci si potrebbe domandare quale singolare senso dell'umorismo alberghi in soggetti che considerano battute di spirito i propositi di carneficina. Ma difficile credere che siano sempre e solo millanterie da bar.

Basti pensare a come nel 2007 si giustificava, davanti al giudice Luisa Savoia, un giovane tunisino catturato in provincia di Reggio Emilia, Majide Ben Nasr, inchiodato da intercettazioni in cui plaudiva alla jihad e alle missioni suicide, proclamava «dobbiamo dotarci di un'ala militare», e prometteva a un confratello «morirai con la volontà di Dio da martire e la tua macchina piena di esplosivi». Ammanettato e portato davanti al giudice, anche Ben Nasr fece la parte di quello a cui piace scherzare: «Erano chiaramente delle battute ironiche». Ebbene: erano così poco facezie, che l'anno scorso Ben Nasr riappare nel nostro paese in un contesto che di divertente ha poco, sbarca a Lampedusa mimetizzato in mezzo a duecento disperati, allo sbarco dà il falso nome di Mohamed Ben Sar e chiede di essere accolto come profugo essendo dovuto fuggire dalla Tunisia per motivi politici. Quando dal controllo delle impronte salta fori il suo nome scatta l'allarme, per i data base antiterrorismo Ben Nasr è diventato un esperto di esplosivi e un reclutatore di jihadisti da inviare nei teatri di guerra.

Altro che battute di spirito.

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