Cronache

La Franzoni non ha pagato Taormina Cogne, pignorata la villetta del delitto

All'avvocato della donna condannata per la morte del figlioletto non è stata saldata la parcella da 275mila euro. Sarà risarcito

La Franzoni non ha pagato Taormina Cogne, pignorata la villetta del delitto

Quante volte l'abbiamo vista al telegiornale quella villetta di pietra e legno con vista sulla valle di Cogne? E quante ci siamo chiesti come fosse possibile che una madre uccidesse il proprio figlioletto nel lettone perché piangeva troppo? A distanza di 18 anni da quel delitto mai confessato, la casa dei misteri diventata nel tempo meta di un macabro pellegrinaggio, sarà pignorata e messa in vendita.

È stato Carlo Taormina, uno dei legali di Anna Maria Franzoni, la mamma accusa di aver massacrato il piccolo Samuele nel 2002 e condannata in via definitiva a 16 anni ormai tutti scontati, ad ottenere il via libera dal Tribunale di Aosta per proseguire con le procedure di pignoramento della villetta di Montroz, frazione di Cogne, in Val d'Aosta, respingendo le richieste di sospensione dell'esecuzione immobiliare avanzate dalla donna e dal marito Stefano Lorenzi. Alla base del contenzioso, basato su una sentenza civile passata in giudicato a Bologna, il mancato pagamento dell'onorario del legale. Taormina, tra i più blasonati e «rumorosi» avvocati romani, aveva trasformato un processo già mediatico di suo, in una campagna come mai invasiva per sostenere la tesi della difesa. Per il suo lavoro, però, non è mai stato pagato. Neanche un euro della parcella di oltre 275mila euro presentata alla Franzoni, che con Iva e interessi nell'atto di precetto sono divenuti 450mila. Il pignoramento dell'unico bene aggredibile della donna, che da quando ha finito di scontare la condannata risiede con la famiglia sull'Appennino bolognese, risale all'ottobre del 2019, ma appena ricevuta la notifica dell'atto la Franzoni si era opposta sostenendo tra l'altro che la villetta non era pignorabile perché all'interno di un fondo patrimoniale costituito nel maggio del 2019. Un motivo che non è stato ritenuto valido dal giudice, che in un'ordinanza di 12 pagine, ha spiegato come quel fondo creato da Lorenzi all'epoca tutore della moglie interdetta in seguito alla condanna, fosse ricollegabile alla vicenda processuale della Franzoni, che in quel momento non poteva occuparsi dei bisogni materiali e morali della famiglia. Anche il debito contratto con Taormina è legato a quegli stessi bisogni perché funzionale ad ottenere la possibilità di ritornare quanto prima ai suoi affetti. Proprio perché il debito ha queste caratteristiche, secondo il giudice, il fondo non può essere motivo di opposizione.

La casa dove è morto il piccolo Samuele e dove viveva la famiglia Lorenzi anche con l'altro figlio, adesso è nella disponibilità dell'avvocato, che potrà venderla per rientrare della parcella mai incassata. Anche se nel merito c'è ancora un giudizio pendente ad Aosta, la cui discussione sarà fissata prossimamente. C'è da chiedersi, poi, se mai si troverà qualcuno disposto ad acquistare un immobile con una storia tanto impegnativa.

Dopo il tragico fatto di cronaca, la villetta di Cogne è stata terreno di accesi scontri tra periti di accusa e difesa, di tanti misteri irrisolti, tra chi cercava un'arma mai trovata o tracce utili a risolvere un giallo che ha diviso gli italiani in colpevolisti e innocentisti.

Nelle sue stanze prima e nelle aule di giustizia poi, quello che è accaduto la mattina del 30 gennaio è stato ricostruito centinaia di volte, per cercare la chiave di un delitto a cui si è sempre fatto fatica a credere e che la stessa Franzoni, forse, ha cancellato dalla sua mente.

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