Politica

Friuli bancomat degli stranieri: 3.500 euro per lasciare l'Italia

Ai fondi statali si aggiunge un nuovo bonus regionale di mille euro per convincere i migranti ad andarsene

Friuli bancomat degli stranieri: 3.500 euro per lasciare l'Italia

Lodovica Bulian

Mille euro in più ai migranti che decideranno di lasciare l'Italia, più precisamente il Friuli Venezia Giulia, per tornare nel loro Paese d'origine. La Regione gioca la carta dell'incentivo economico pur di alleggerire la presenza dei richiedenti asilo, ormai stabilmente sopra quota 5mila, nei centri di accoglienza. Le tensioni sociali alimentate dall'emergenza preoccupano la governatrice Debora Serracchiani che, dopo aver evocato espulsioni più rapide per gli irregolari, ora accelera sui rimpatri volontari assistiti attraverso un'intesa con il Viminale e l'Oim. Uno strumento che già esiste nel nostro Paese, ma funziona poco e a singhiozzo, nonostante preveda il pagamento del volo di sola andata e garantisca un indennizzo per la sussistenza. Nel 2016 i rimpatri - tra forzati e volontari - sono stati meno di 6mila. Al di là delle espulsioni difficili, sono ben pochi coloro che accettano di lasciare l'Italia volontariamente, dopo averla raggiunta rischiando la vita e pagando ai trafficanti migliaia di euro. Ma secondo la giunta regionale l'opportunità può apparire più allettante se il bonus è più cospicuo.

I richiedenti asilo che in Friuli Venezia Giulia accetteranno di tornare nel loro Paese potranno contare infatti su 3.500 euro di contributo tra fondi statali e regionali, per provare a «rifarsi una vita» a casa loro. Si tratta di mille euro in più rispetto ai 2.500 dello Stato (che li attinge dagli 11 milioni di fondo europeo per l'asilo), che la Regione aggiunge sperando di liberarsi di migliaia di stranieri a cui è stata negata la protezione internazionale, ma che continuano a rimanere in Italia aspettando l'esito del ricorso in tribunale. Un gruzzolo che basta per coprire le spese per il volo per il migrante e due accompagnatori (400 euro), la sussistenza e aiuti alla famiglia (1.600 euro), e che permette di «avviare qualche attività». I destinatari saranno selezionati tra coloro a cui è stato negato l'asilo ma che «sono ancora qui magari da due o tre anni», spiega l'assessore regionale all'Immigrazione Gianni Torrenti. «Daremo il contributo a chi risulta meritevole, per esempio a chi ha effettuato lavori socialmente utili. Saranno esclusi coloro che hanno commesso reati».

Ma il vero problema è quanti davvero ne faranno richiesta. E il rischio che il piano si riveli un flop, «come già accaduto finora con progetti simili», è alto. Difficile, insomma, che ci sia la fila, «ma crediamo che incrementare le risorse sia un incentivo. Anche perché in molti dei Paesi da cui provengono i migranti le condizioni sono cambiate e sono più favorevoli a un rientro». L'ostacolo, oltre alla volontà del singolo migrante, sta ancora una volta negli accordi bilaterali. Che l'Italia ha attivato con Tunisia, Nigeria, Marocco ed Egitto, e che sta accelerando con la Libia. Ma dove mancano le intese, anche il ritorno volontario è difficile, con procedure per il riconoscimento dell'identità che si inceppano. E accordi non esistono con Pakistan e Afghanistan, provenienza di gran parte dei migranti giunti in Friuli Venezia Giulia attraverso la rotta balcanica. «Con questi Paesi si rendono necessarie trattative caso per caso. Se questo strumento decollasse riusciremmo a ripristinare un equilibrio numerico e ad allentare le tensioni sociali».

Toccherà ai funzionari dell'Oim «pubblicizzare» il bonus tra gli ospiti dei centri di accoglienza. I soldi - parte di un fondo da tre milioni - verranno erogati in due tranche, una alla partenza e una all'arrivo.

Solo dopo aver accertato l'effettiva permanenza nel Paese d'origine.

Commenti