Cronache

Frutta secca e pesce. Ecco la lista nera dei cibi "immigrati"

Abbiamo l'agricoltura più verde e la filiera più sicura ma importiamo alimenti a rischio

Frutta secca e pesce. Ecco la lista nera dei cibi "immigrati"

Il consumatore è più sveglio, attento alle origini dei cibi. Ora anche la provenienza sulle etichette per latte e prodotti caseari aiuterà a fare la spesa in modo più responsabile. Ma bisogna avere occhi aperti e informarsi costantemente. Il pericolo si nasconde anche nei prodotti apparentemente più innocui. Come le torte o le creme a base di nocciole, che nessuno sa dove siano coltivate. Quelle turche, per esempio, sono state classificate come il prodotto più tossico riscontrato nel 2015. Contengono aflatossine oltre i limiti consentiti ma questo non ha impedito che l'Italia, paese dove i controlli alimentari locali sono stringenti e rigorosi, importasse nocciole per ben 295 milioni di euro, facendo impennare l'import del 47 per cento.

Un'anomalia denunciata dalla Coldiretti che ha presentato la classifica dei cibi più pericolosi al Forum Internazionale dell'Agricoltura e dell'Alimentazione di Cernobbio ed elaborato sulla base del rapporto del ministero della Salute sui sistema di allerta europeo.

Nocciole killer e non solo. Nella lista nera spuntano arachidi, peperoncini, pistacchi, pesce vietnamita e pure quello spagnolo. Tutti cibi che provengono dall'estero appetibili soprattutto dalla grande industria per i prezzi più abbordabili ma che presentano rischio per la salute e che vengono messi in commercio e acquistati da consumatori inconsapevoli. Per esempio, si è impennato addirittura del 141 per cento l'incremento delle importazioni di arachidi dalla Cina, anche qui con problemi di aflatossine. Aumentano pure (del 22%) gli ingressi di peperoncino indiano, nel mirino per i ripetuti allarmi da contaminazioni microbiologiche. Sale poi del 48% l'import di tonno e il pesce spada spagnoli, la cui qualità è messa in forte dubbio dai casi di eccessiva presenza di metalli pesanti.

Crescono anche del 60% le importazioni di peperoni turchi e del 19% quelle di fichi secchi (aflatossine e pesticidi) sempre dal paese di Erdogan. Pure gli arrivi di pistacchi dall'Iran lievitano nonostante i problemi di aflatossine, così come quelli di pesce vietnamita, dove si è riscontrata frequentemente la presenza di metalli pesanti.

Un flusso costante di arrivi tanto più inquietante ricorda Coldiretti se si considera che molti di questi prodotti vengono utilizzati come ingredienti nelle preparazioni di cibi poi spacciati per made in Italy senza che questo venga detto sulle confezioni dei prodotti. Da qui la necessità di continuare nel percorso di trasparenza e introdurre l'etichetta d'origine obbligatoria su tutti gli alimenti in commercio.

Anche l'industria dovrebbe fare la sua parte in nome della trasparenza. Coldiretti chiede di far conoscere ai consumatori i nomi delle aziende che usano ingredienti stranieri. Se si raggiungesse questo obiettivo, l'Italia sarebbe un paese dove non solo si mangia bene ma anche sano.

L'agricoltura italiana, infatti, è la più green d'Europa con 285 prodotti a denominazione di origine (dop/igp), il divieto all'utilizzo degli Ogm e il maggior numero di aziende biologiche, ma è anche al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4%), quota inferiore di quasi 4 volte rispetto alla media europea (1,4%) e di oltre 14 volte quella dei prodotti extracomunitari (5,7%).

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