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Fuga dalle divise Gucci ha il potere di liberare la moda

E il logo LB di Laura Biagiotti diventa il manico per le sue borse

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Milano I primi segnali arrivano con l'invito alla sfilata: un semplice biglietto di carta verde salvia dentro una busta chiusa da un piccolo sigillo di ceralacca rossa. È talmente classico e discreto che quasi non lo vedi soprattutto perché in altri tempi Gucci ha invitato il popolo della moda con la gigantesca riproduzione di un'antica maschera di gesso dentro una scatola con scritto in greco «testa di ermafrodito». All'inizio pensi che la follia creativa di Alessandro Michele si sia per così dire chetata e un po' ti spiace perché quest'uomo con le sue provocazioni intelligenti ha dato un tale scossone al mondo della moda che per trovarne di uguali devi risalire all'epoca di Saint Laurent nel senso di Yves in Francia e ai due estremi estetici rappresentati da Giorgio Armani e Gianni Versace nei primi anni '80. Invece con la doppia sfilata andata in scena ieri il direttore creativo del marchio delle due G ha fatto un'altra rivoluzione. Lo show comincia con un gruppo di uomini e donne tutti vestiti di bianco, con ogni tipo di divisa (da quelle del lavoro alla camicia di forza) trasportai da un tapis roulant. Anche la sala è tutta bianca. All'improvviso la luce si spegne e la musica sparisce. È un momento angoscioso, ma quando la corrente viene riattaccata e i modelli cominciano a sfilare nel senso inverso al tapis roulant, capisci che è tutto voluto e rappresenta ciò che dice il designer romano: «alla fine la moda nella sua futilità ti offre molta libertà». Infatti stavolta lui toglie e nello stesso tempo aggiunge per raggiungere una sorta di archetipo del contemporaneo che spazia dal potere al sesso attraverso gli abiti. La prima uscita è un lungo vestito in crepe nero con un grande plastron di velo davanti, strepitosa citazione del nude look di Yves Saint Laurent ma anche dell'erotismo di Tom Ford negli anni '90 in questa stessa maison. Segue un caftano turchese con una colata d'oro sul davanti e tutto quello che una donna e un uomo chic potrebbero desiderare a cominciare dai sublimi accessori. Insieme con le borse (una più bella dell'altra a cominciare da quella con la scritta «Gucci orgasmique») compaiono i frustini cari alla tradizione equestre ma anche al sadomaso in salsa chic. «La mia mistress più che sexy è elegante» dice Michele e ha proprio ragione perché in passerella ci sono modelli dai tagli sartoriali degni di Balenciaga nel senso di Cristobal. Insomma il primo show apre le porte della percezione a qualcosa che è molto più profondo e importante del ritorno al classico. Uscendo c'è chi cita il saggio di Michel Foucault Sorvegliare e punire e chi dice che stavolta si potrebbe anche saltare Parigi: a Milano abbiamo già visto tutto quel che c'è da vedere. Non è proprio così ma certo è stata una gran stagione. Da Biagiotti, per esempio, la fonte d'ispirazione è il nome del nuovo profumo, Forever, che ispira a Lavinia Biagiotti una storia di donne che non hanno taglia né età, che vincono il confronto con il tempo e vivono con grazia un presente profumato di passato e teso verso il futuro. Tra i pezzi più riusciti un tailleur pantaloni bianco con maniche a sbuffo e lo smoking in damasco dorato sfoggiato da Laura Chiatti testimonial di Forever. Bellissimo il logo LB che diventa manico della borsa. «L'ha disegnato mamma nel '73» spiega Lavinia. Da Fila, marchio biellese rilevato dal coreano Gene Yoon, c'è un egregio lavoro stilistico sullo sport che parte dal mitico giaccone giallo con cui Giovanni Soldini affrontò la sua prima transoceanica in solitaria e arriva ai costumi da bagno che diventano abiti da sera. Non stupisce che il fatturato di Fila abbia raggiunto i 3 miliardi, mentre è sorprendente che Marianna Rosati, direttore creativo di DROMe abbia trovato la sua maturità stilistica venendo a sfilare a Milano dopo anni di show parigini. La sua donna sempre vestita in pelle color avorio, mattone o marmellata, ha qualcosa di solido e liquido nello stesso tempo, come la giovane Michelle Pfeiffer di Scarface. Anche Boss abbandona un'altra piazza (stavolta New York) a favore di Milano e anche se la sfilata è troppo lunga e ripetitiva per essere speciale, è bello vedere che stiamo recuperando terreno.

Ci vorrebbe un ritorno eclatante per dire al mondo che l'Italia della moda non è il paese dei campanelli. E se fosse Valentino?

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