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L'Iran in rivolta contro la crisi e gli ayatollah

L'Iran in rivolta contro la crisi e gli ayatollah

Se il destino volesse che l'accordo americano con la Nord Corea andasse in porto, e se gli attuali sommovimenti in seno all'Iran portassero alla caduta del regime degli ayatollah, allora bisognerebbe inventarsi un doppio premio Nobel per Donald Trump. Triplo se le sue proposte di pace per il Medio Oriente avessero qualche risultato. È il tempo delle grandi sorprese. L'Iran prima ancora di risultati concreti con il ripristino delle sanzioni, dopo la cancellazione dell'accordo fra Teheran e i 5 Paesi più uno, soffre una profonda crisi depressiva di segno trumpiano, aumentata dalla disperata crisi economica. Ed è straordinario che, osservando l'Iran, si intraveda qualche possibilità se non altro di una severa destabilizzazione del suo roccioso sistema. La folla nelle strade soffre l'economia immiserita oltre che dalla corruzione anche dalla costosa ambizione imperialista della leadership religiosa, che punta al dominio mondiale dell'Islam sciita: il rial ha perso ultimamente il 40 per cento in confronto al dollaro, e tuttavia Ali Akbar Velayati, consigliere del capo supremo Khamenei, di fronte all'esplicita richiesta dei lavoratori di smettere di occuparsi di guerre di conquista invece che dell'economia indispensabile alla sopravvivenza, ha dichiarato che l'Iran e l'Irak seguiteranno a combattere gli Usa «comune nemico delle nostre nazioni». E il consigliere militare Yahya Rahim Safavi proclama «la nostra forza raggiungerà le spiagge del Mediterraneo».

Così, non c'è da stupirsi se questa volta in piazza si trovano non solo i giovani ma anche i commercianti del Gran Bazaar di Teheran, dove la gente ha marciato gridando «Lasciate perdere la Siria e occupatevi dell'Iran», «Morte alla Palestina», «Aiutate noi e non Gaza». Così nel grande Paese i cui 80 milioni di abitanti soffrono dal 1979 sotto il giogo di un regime che impicca gli omosessuali, mette i dissidenti in galera, applica la sharia fino alla lapidazione. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha lanciato un inconsueto messaggio di congratulazione al popolo iraniano per le sue vittorie sul campo di calcio: avete fatto il miracolo di battere Ronaldo, ora «forza dai, ancora», siete un popolo capace di miracoli. Un'audace mano tesa alla speranza, come quando chiedeva agli Usa di cancellare l'accordo con l'Iran. Poi è successo, chi l'avrebbe detto.

Adesso la scadenza dura è domani, dopo la preghiera alle moschee. Finora il regime non ha sparato, speriamo che i Basiji non sfoderino la loro proverbiale crudeltà.

Forza Iran.

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