Politica

Galan stremato si arrende: vuole patteggiare per uscire

I pm accolgono l'istanza: 2 anni e dieci mesi e 2,6 milioni confiscati. Oggi fuori dal carcere

Galan stremato si arrende: vuole patteggiare per uscire

Disperato, 22 chili persi, 80 giorni passati tra pianti in cella e suicidi meditati, confidati in drammatiche lettere ai famigliari. La prospettiva, giudicata pressoché certa dai suoi legali, di un giudizio immediato e quindi di altri sei mesi di possibile custodia in carcere, dopo i quasi tre passati ad Opera, alla fine hanno fatto crollare l'ex governatore veneto Giancarlo Galan, sotto inchiesta per il sistema di tangenti del Mose, e decidere per il patteggiamento. I legali di Galan hanno presentato alla Procura veneziana l'istanza di applicazione della pena a 2 anni e 10 mesi di reclusione e una confisca per 2,6 milioni di euro, insieme alla richiesta di domiciliari. Istanza giudicata «congrua» dai procuratori Luigi Delpino e Carlo Nordio, sia nelle pena prevista che nel «proseguimento domiciliare» della carcerazione preventiva «già sofferta» da Galan, in quanto rispondente «al fondamentale criterio - si legge nella nota congiunta della Procura - di rieducazione contenuto nell'articolo 27 della Costituzione e ai criteri di ragionevolezza ed economia processuale che hanno ispirato il legislatore a introdurre l'istituto del patteggiamento». La palla è passata quindi al Gip Giuliana Galasso. Una formalità che si conclude stamattina con la scarcerazione di Galan. Sarebbe lo stesso gip poi a farsi carico dell'udienza di patteggiamento, chiesta dai legali per il 16 ottobre, data in cui sono giù previste un'altra ventina di udienze di patteggiamento sempre dell'inchiesta Mose.

«Patteggia, ma non era innocente?», si scatenano i commenti su Twitter . Nell'istanza non ci sono ammissioni di colpe, anzi Galan continua a negare fermamente ogni accusa e a non capacitarsi di come la Procura possa prendere per buone le accuse «di quei tre» (gli accusatori Mazzacurati e Baita, e poi l'ex segretaria Minutillo). In condizioni psicofisiche diverse, e senza una previsione di ulteriori mesi di carcere preventivo, l'intenzione di Galan era di andare a processo fino in fondo, come annunciò a luglio prima di essere arrestato. «A seguito di una profonda e sofferta riflessione - si legge nell'istanza alla Procura - tenuto conto delle sue precarie condizioni di salute e soprattutto della dolorosa e “forzata” separazione dall'amata figlia Margherita di 7 anni, l'onorevole Galan ha maturato la consapevolezza che perseguire un positivo e completo accertamento della sua estraneità ai fatti di reato contestati - che pure qui riafferma con forza - significherebbe certamente affrontare un dibattimento estremamente lungo e complesso, accompagnato costantemente dall'eccezionale clamore mediatico già testato nei mesi passati; pertanto si è deciso a definire la propria posizione processuale nella fase delle indagini preliminari». Una parte della villa di Cinto Euganeo è attualmente sotto sequestro, come garanzia dei 2,6 milioni di confisca. Verrà confiscata nel caso Galan non versasse quell'importo «a liberazione del vincolo sull'immobile». In compenso, vengono dissequestrati tutti gli altri beni (immobili, quoote, conti correnti, somme di denaro...). E non si esclude un ricorso.

L'accordo sarebbe stato trovato prima di una novità degli ultimi giorni, l'interrogatorio di Paolo Venuti, ex commercialista di Galan, presunto prestanome dell'onorevole forzista in una serie di società e di operazioni legate ai fondi del Mose. Venuti, che ha concordato un patteggiamento di due anni, è stato scarcerato dopo aver raccontato ai pm di aver eseguito operazioni per conto di Galan in due società (Adria Infrastrutture e Nordest Media) usate per il passaggio del denaro. Ma non sarebbe stata questa deposizione a spingere Galan e i suoi legali al patteggiamento, deciso prima. Stamattina, dopo quasi tre mesi, Galan sarà fuori dal carcere.

In attesa del prossimo round.

Commenti