Politica

Gemelline introvabili La mamma suicida aveva perso una figlia

Il trauma all'origine della tragedia. Si è gettata nel Tevere con un fagotto in braccio

Stefano Vladovich

Roma Disperazione. Mentre la città intera è alla ricerca di Sara e Benedetta, le gemelline di 4 mesi scomparse giovedì assieme alla mamma suicida, la famiglia di Francesco e quella di Giuseppina non si danno pace. Che la 38enne originaria di Agnone, in provincia di Isernia, le abbia uccise gettandole con lei nel Tevere è quasi una certezza per gli inquirenti. Una telecamera di sorveglianza, piazzata lungo il percorso dall'abitazione della famiglia Di Pasquo a ponte Testaccio, ritrae la donna con una coperta addosso e un fagotto avvolto in un lenzuolo. Non è chiaro se sotto gli abiti ci fossero o meno le bimbe, nate prematuramente a 5 mesi il 24 agosto scorso e dimesse pochi giorni fa dal reparto di terapia intensiva neonatale del Gemelli.

Centinaia di uomini, fra vigili del fuoco del gruppo sommozzatori e della polizia fluviale hanno scandagliato il fiume per tutto il giorno, dalla foce, Fiumara Grande, a ponte Marconi dov'è stato recuperato il cadavere della mamma. Più di 20 chilometri di percorso fra arbusti, anse e discariche. Elicotteri, mezzi anfibi, droni a bassa quota: tutto il possibile, anzi l'impossibile per trovare i due corpicini. Una storia tristissima che lascia senza fiato. Una gravidanza e un parto trigemellare a dir poco difficili per Pina: una prima figlia deceduta subito, le altre per oltre 3 mesi nell'incubatrice. Poi la scoperta che una delle due, la piccola Sara, dimessa il 17 dicembre, è non vedente. Troppo per l'equilibrio della donna, già fortemente minato dai mesi passati in ospedale. L'altro giorno, dopo essersi alzata all'alba, probabilmente con la notte passata in bianco, Giuseppina prende in braccio le neonate, lascia a casa borsa e cellulare, e si avvia verso il ponte. Sono le 6,15 di un gelido mattino. Gli unici due testimoni, un corriere e un uomo a passeggio con il cane, non possono far altro che assistere, inermi, alla drammatica scena. Scavalcata la balaustra del vecchio ponte, un balzo nel vuoto e la caduta in acqua. È un attimo. Nessun biglietto, non una parola di spiegazione per il marito Francesco, 39 anni ingegnere, anche lui di Agnone.

Il racconto dell'uomo non lascia dubbi agli inquirenti, tanto che il pm Mario Palazzi apre un fascicolo per omicidio - suicidio. «Siamo andati a letto tardi perché alle 3 Pina aveva allattato le bambine - ricorda -, quando mi sono svegliato, poche ore dopo, in casa non c'erano più. I passeggini al loro posto. Mi sono messo subito a cercarle». In casa i genitori di lei, arrivati nella capitale a luglio per dare un aiuto. L'uomo scende le scale della palazzina del popolare quartiere romano. Sul portone c'è ancora il fiocco rosa. Sguardo fisso nel vuoto, si precipita al mercato rionale. Chiede di sua moglie e delle sue bimbe, piange disperato. Poi si reca al commissariato Celio per far partire le ricerche. E ci rimane per tutto il giorno fino a quando non viene portato via, in lacrime, dai familiari. «Lunedì l'ho incontrata sul pianerottolo - racconta una vicina - con la più piccola, appena tornata dall'ospedale. Le ho fatto gli auguri, sembrava felice».

Una storia drammatica che, purtroppo, riporta al febbraio del 2012. In una Roma innevata, un uomo separato dalla compagna, per vendetta, prende il figlioletto di 16 mesi e lo getta nel Tevere da ponte Mazzini. L'uomo, Patrizio Franceschelli, all'epoca 27enne, pregiudicato, viene visto da alcuni agenti penitenziari che non riescono a fermarlo.

Il corpo del piccolo Claudio verrà recuperato a Fiumicino soltanto a marzo, il padre omicida condannato a 30 anni di carcere.

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