Cronache

Il giallo dell'oro nero in Basilicata: due suicidi tra gli ex addetti alla sicurezza sul petrolio

Possibile un nesso tra la morte del generale Conti e quella dell'ingegnere Griffa

Il giallo dell'oro nero in Basilicata: due suicidi tra gli ex addetti alla sicurezza sul petrolio

C'è un filo rosso - anzi, nero - che forse unisce due misteriosi suicidi in Basilicata.

Il nero è quello del petrolio: un'enorme opportunità economica e sociale che, in questa terra disgraziata, la classe politica è riuscita a degradare al rango di ennesima occasione persa: quasi l'habitat ideale per consentire alle grandi holding del greggio di fare - più o meno - il proprio comodo; e, se non fosse stato per qualche stop imposto dalla magistratura, le cose andrebbero peggio.

In Val d'Agri, dove sorgono pozzi di estrazione e raffinerie tra le più grandi d'Europa, l'emergenza tossica va, da sempre, di pari passo con quella giudiziaria. Molti processi e decine di condanne sono lì a dimostrare come da quei giacimenti siano zampillati anche truffe e corruttele che hanno sporcato l'immagine della Lucania almeno quanto gli sversamenti selvaggi dei residui combusti hanno contaminato terra, aria e polmoni.

Nel territorio che ingloba il «distretto petrolifero» la percentuale di decessi per tumore è la più alta d'Italia, mentre il comparto turistico-agricolo ha subìto un crollo: clamoroso autogol per una ragione dal fascino infinito che dovrebbe fare della bellezza naturale, dell'accoglienza e dell'eccellenza enogastronomica i suoi punti di forza. E invece, in questi giorni, si tona a parlare del petrolio lucano per contesti delittuosi e potenzialmente criminogeni. Sulle prime pagine dei giornali è arrivato il dramma del misterioso suicidio dell'ex generale della Forestale, Guido Conti, che si è tolto la vita poche settimane dopo essersi dimesso dal «responsabile sicurezza ambientale» dell'impianto lucano Tempa Rossa nell'Alta Valle del Sauro, gestito da Total E&P Italia.

Cosa aveva scoperto il generale Conti? In un primo tempo il suo suicidio era stato messo, erroneamente, in relazione con il «rimorso» per non aver fatto tutto il possibile per evitare la tragedia di Rigopiano, nel periodo in cui Conti svolgeva la sua attività professionale in Abruzzo.

Ma sarebbe bastato parlare con la moglie del generale per sapere che quella era una pista sbagliata: «Mio marito era tornato da Potenza agitatissimo».

Il vero motivo del colpo di pistola che Conti si è sparato alla testa si nasconde lì, a Tempa Rossa?

Prima di uccidersi Conti ha cancellato dal pc tutti i dati relativi al suo breve incarico alle dipendenze della Total, non prima però di aver scritto e registrato alcuni inquietanti messaggi, con accuse ai vertici aziendali su cui ora indaga la magistratura.

Una drammatica fine, quella del generale Conti, che lo accomuna a un altro suo «collega» (pure lui nel ruolo di «addetto alla sicurezza», però alle dipendenze dell'altro colosso petrolifero lucano, il Centro Olio di Viggiano, nel Potentino, gestito dall'Eni): l'ingegnere Gianluca Griffa, scomparso e poi trovato impiccato nell'agosto del 2013.

Anche Griffa, come Conti, lasciò delle lettere di denuncia. Entrambi si dichiaravano «sconvolti» da quanto verificato in Basilicata. Sotto accusa, sempre lui: l'oro nero.

Che splende, ma solo riflettendosi nella morte.

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