Cronache

Gioielli, ville e Hollywood. I guai del premier malese

Najib Razak, ex primo ministro, condannato per aver intascato milioni di dollari. Lui nega

Gioielli, ville e Hollywood. I guai del premier malese

Ancora una carta da giocare che potrebbe ribaltare la giustizia. Najib Razak potentissimo ex premier malese di 67 anni, condannato a dodici anni di carcere dopo quattordici mesi di udienze, non si arrende e ha già annunciato che farà appello. E chissà se a quel punto, con il suo partito tornato forte, lui ancora membro del Parlamento e il suo pupillo diventato premier e riavvicinato dopo accuse reciproche, i giudici vorranno ripensare quella sentenza così coraggiosa da sembrare sfrontata agli occhi del popolo. Intanto il colpo Najib lo ha incassato dritto in faccia.

Ieri mattina dall'Alta Corte di Kuala Lumpur la sentenza di colpevolezza per lo scandalo da 11 miliardi di dollari che sconvolse il mondo finanziario di mezzo mondo è stata emessa «aldilà di ogni ragionevole dubbio». Lui ha già annunciato un appello che potrebbe riservare molte sorprese, visto il ritorno al potere del suo ex vice Muhyiddin Yassin, tornato in buoni rapporti con lui dopo le critiche alla sua gestione del fondo governativo chiamato 1MDB. Eccolo il tema dello scandalo che gli è costato la caduta dall'Olimpo, il fondo creato per lo sviluppo economico del Paese, ma che in realtà finì in gran parte a sua personale disposizione con una serie di operazioni finanziarie senza precedenti nella storia della corruzione politica nazionale e mondiale. In piazza il popolo è sceso spesso a protestare, infuriato e indignato per le spese folli sue e della sua signora Rosmah, paragonata da molti all'ex first lady filippina Imelda Marcos, esuberante top spender regina delle scarpe di lusso. Ma i signori Razak non hanno mai voluto essere secondi a nessuno in fatto di spese e per nove anni di governo, fino alla caduta nel 2018, si sono sentiti ben più forti della legge. Una clamorosa tappa nel 2014 della signora anche a Roma, dove una mirata visita alla gioielleria De Grisogono in via del Babuino le costò 715mila euro, forse in «diamanti neri» specialità della casa. Durante le udienze Najib si è sempre detto innocente, anzi, all'oscuro di tutto. Nato e cresciuto in un mondo di privilegiati, figlio d'arte, generazioni di parenti politici, figlio e nipote di ex primi ministri, quando è toccato a lui ha voluto dimostrare di poter fare di più. Ha collezionato immobili in ogni parte del mondo, megayacht, opere di Picasso, Van Gogh e Monet, conti bancari sparsi tra paradisi fiscali e istituti di credito americani e svizzeri. Durante le indagini la polizia trovò nella sua casa 1400 collane, 300 scatole con 567 borse griffate Hermes e Birkin, 423 orologi, 2200 anelli, 1600 fermagli e 14 diademi. L'inchiesta prese le mosse dalla testimonianza del banchiere svizzero Xavier Justo, ex direttore di PetroSaudi. Gli investigatori scoprirono le prove dell'investimento da 155 milioni di dollari coi soldi del Fondo per produrre «Il lupo di Wall Street» lungometraggio con Leonardo DiCaprio del genero produttore di Hollywood Riza Aziz. Najib e gli avvocati rigettano tutto il pacchetto, compreso uno dei conti personali da un miliardo e 100 milioni di dollari.

«Sarebbe straordinario che l'accusato in quanto primo ministro e ministro delle finanze non sapesse niente», ha risposto scettico il capo dei giudici.

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